15 dicembre 2008

Ma intanto il ministro premia i fannulloni

Mentre da una parte Brunetta chiede alle donne di lavorare di più, arrivando a 65 anni, dall' altra fa un sorprendente regalo a quelli che considera i «fannulloni» statali. Per loro, infatti, dopo tante ramanzine, è in arrivo un premio niente male: li vuole mandare a casa, su loro richiesta, continuando però non soltanto a versare i contributi previdenziali, ma anche a pagargli lo stipendio, anche se in misura ridotta del 50 o del 70 per cento, a seconda dei casi, per ben cinque anni.

E' quanto potrà accadere a partire dal prossimo anno e per i successivi due a quei dipendenti dello Stato centrale che avranno raggiunto almeno 35 anni di contributi. Non c' è nessun riferimento all' età. E quindi, in teoria, potrà chiedere di restarsene a casa senza far nulla - ma essendo pagato - anche chi, in teoria, fosse entrato nella pubblica amministrazione a 18 anni (oggi ne avrebbe soltanto 53). Da notare che, dopo i cinque anni pagati restando in panciolle lo statale premiato potrebbe andare in pensione avendo maturato il massimo, 40 anni appunto.

La norma - prevista nell' articolo 72 del decreto legge 112/2008 e regolamentata da una circolare di Brunetta del 20 ottobre scorso passata quasi inosservata - non si applica a tutti i dipendenti pubblici ma soltanto a quelli delle amministrazioni centrali. Tutti i dipendenti degli enti locali ne sono esclusi. è però, inspiegabilmente, escluso anche il personale della scuola, pur facendo parte del settore ministeriale.

Il decreto legge e la circolare prevedono una notevole dose di discrezionalità nel concedere questo favore. Infatti sarà l' amministrazione a decidere, volta per volta, chi salvare e chi affossare, sulla base delle proprie esigenze funzionali e organizzative. Non è difficile, comunque, prevedere una vera e propria corsa alla raccomandazione, onde evitare di vedersi rifiutata la domanda, che dovrà essere presentata entro il primo marzo di ciascun anno per il 2009, 2010 e 2011.

Lo stipendio verrà pagato al 50 per cento, ma potrà arrivare anche al 70 se l' impiegato mostrerà di svolgere attività di volontariato. Anche qui, non essendoci parametri certi, non è difficile ipotizzare che molti potranno certificare di fare volontariato per qualche ora alla settimana.

I regali di Brunetta ai fannulloni non sono però finiti qui. Perché i dipendenti autorizzati a non lavorare più per lo Stato potranno anche effettuare "prestazioni di lavoro autonomo con carattere di occasionalità, continuatività e professionalità". Purché non lo facciano a favore di amministrazioni pubbliche. In altre parole, potranno continuare lavorare come e quanto credono per i privati, con il comodo scudo della "collaborazione esterna".

La ratio di questa norma così favorevole ai dipendenti statali è ufficialmente quella di risparmiare fondi pubblici, con cui il governo potrebbe procedere a nuove assunzioni. Ma il risparmio sembra molto contenuto, e nel frattempo non si tiene conto del fatto che molti uffici perderanno personale.

Adriano Bonafede Repubblica — 14 dicembre 2008 pagina 2 sezione: ECONOMIA

02 novembre 2008

Il Generatore di Ottimismo

Egregio Presidente del Consiglio. Capisco la Sua necessità di ricevere al più presto la nostra invenzione, ma non siamo purtroppo ancora in grado di soddisfarLa: il Generatore Elettronico di Ottimismo non è ancora pronto. I nostri laboratori lavorano 24 ore su 24, gli esperimenti continuano senza interruzione, ma la sperimentazione sui soggetti sensibili presenta qualche problema. Applicato alle onde cerebrali di un precario della scuola, il Generatore Elettronico di Ottimismo produce fasi psichiche ben distinte: una vaga incazzatura prima, e una netta aggressività dopo. Naturalmente, visto l’uso di massa che il governo intende fare del Generatore di Ottimismo, è chiaro che la macchina deve essere affidabile. Abbiamo registrato fastidiosi intoppi sui soggetti cassintegrati, aumentati del 70 per cento in pochi mesi. Anche qui il Generatore di Ottimismo sembrava funzionare, ma dopo qualche istante, il risultato è stato opposto: i soggetti sottoposti al test sono diventati intrattabili e scostanti, con una preoccupante tendenza alla mobilitazione e al turpiloquio contro il Suo governo. Durante i test con i ricercatori universitari, addirittura, un nostro tecnico è stato aggredito e si è messo in salvo per miracolo. Per ora gli effetti collaterali più vistosi del Generatore di Ottimismo sono un aumento della sfiducia nei confronti di qualunque cosa rappresenti il governo e in particolare la Sua figura. Naturalmente abbiamo condotto esperimenti mirati, ma anche qui non è andata bene: azionato su un soggetto sensibile che ascoltava a una dichiarazione di Cicchitto, il Generatore di Ottimismo è addirittura esploso causando un’interruzione della corrente. Egregio Presidente del Consiglio, è triste dirLe che per un funzionamento affidabile del congegno bisognerà aspettare qualche tempo, forse se non si tagliassero periodicamente i fondi alla ricerca potremmo darLe notizie più confortanti. In attesa di un positivo sviluppo, il nostro consiglio è di continuare a usare i suoi telegiornali.

10 ottobre 2008

I costi della chiesa cattolica

Vorrei segnalarvi che potete leggere l'inchiesta della Repubblica sui costi della chiesa cattolica realizzata da Curzio Maltese a questo link:
http://www.civiltalaica.it/documenti/costi%20della%20Chiesa.pdf

Buona lettura

27 settembre 2008

Telecomando di ricino

Che bisogno c'è di usare il manganello quando già si impugna un telegiornale? E' innegabile che il trucchetto del capro espiatorio non solo funziona, ma si allarga a macchia d'olio.

E' passato appena un anno da quando i cattivi da eliminare erano i lavavetri di Firenze. Dài e dài, come la goccia scava la roccia, la propaganda convinceva tutti che del declino di una città fossero responsabili quattro straccioni. Era un inizio in sordina. Poi vennero gli zingari, gli stranieri in generale, i senza diritti, i senza garanzie.

Il sistema funziona così bene che ce lo troviamo oggi applicato ai lavoratori dell'Alitalia (per esempio), dipinti ogni giorno come vampiri della loro azienda, gente che fa il nababbo mentre tutto affonda, per cui si sente parlare di assistenti di volo e hostess come si parlasse di Briatore. Se il capo del governo vede andare in crisi il suo truffaldino piano di «salvataggio», va trovato un colpevole: la Cgil, i lavoratori.

Il manganello picchia lì.

Altro esempio, la polemica sui famosi «fannulloni», che ha partorito Brunetta e creato la sensazione diffusa che chiunque lavori per la pubblica amministrazione stia lì a rubare lo stipendio.

Lo stesso succederà tra breve, quando si tratterà di licenziare alcune decine di migliaia di maestre elementari. Si dirà che non sono all'altezza del compito (la Gelmini l'ha già detto), che costano e non producono.

Il manganello mediatico comincerà a lavorare sodo: sono troppe, lavorano quattro ore al giorno, il tempo pieno allontana i bimbi dalle famiglie, eccetera eccetera, finché un sondaggio decreterà che l'80% degli italiani non ne può più delle maestre!

E poi? E poi avanti un altro, la platea dei manganellandi è infinita. La chiamano modernizzazione, e hanno ragione: prendere l'olio di ricino col telecomando è una bella comodità.

Alessandro Robecchi

28 marzo 2008

Bolzaneto,idiritti umani ignorati a casa nostra

Il Belpaese che sforna moratorie sui diritti civili all'Onu, dove si organizza una manifestazione al giorno per protestare contro le repressioni in angoli lontani del mondo, è lo stesso che alza le spalle davanti alla devastante realtà di tortura emersa dall'inchiesta sulla caserma di Bolzaneto.

I trattamenti disumani, le violenze sadiche, le umiliazioni sessuali della polizia ai danni dei 209 arrestati di Bolzaneto sono ultra provati e costituiscono una vergogna nazionale.
Per la verità, bisognerebbe usare il condizionale, perché di vergogna in giro se ne vede poca. Soltanto Walter Veltroni ha rotto in campagna elettorale l'omertà politica mafiosa che circonda i risultati delle indagini dei magistrati genovesi.

Da cronisti, nell'estate del 2001 assistemmo in tanti, sbalorditi, alla follia cilena delle forze dell'ordine. Ragazzini circondati per strada da plotoni di poliziotti e massacrati di manganellate, senza alcuna ragione. Manifestanti pacifisti e pacifici aggrediti con ferocia, mentre poche centinaia di metri più in là gli incapucciati neri davano l'assalto indisturbati alle vetrine.Ma tutto questo non è nulla paragonato alla lettura degli atti dei pm genovesi.

Dall'inchiesta di Giuseppe D'Avanzo, che quasi in solitaria ha condotto su Repubblica una campagna contro un silenzio indecente, si legge: - A.D. entra nello stanzone con una frattura al piede. Non riesce a stare nella posizione "della ballerina", in punta di piedi. Lo picchiano col manganello. Gli fratturano le costole, lo minacciano di rompergli anche l'altro piede. Poi gli innaffiano il viso con gas urticante, mentre gli urlano: "comunista di merda!"-. Un ragazzo poliomelitico implora gli aguzzini di "non picchiarlo sulla gamba buona", ma quelli continuano finché sviene. Le ragazze vengono sottoposte a continue umiliazioni sessuali e minacciate: "Ora vi stupriamo tutte".

Si tratta, ha scritto Antonio Cassese, "della violazione simultanea e flagrante di tre importanti trattati internazionali che l'Italia si era impegnata solennemente a rispettare". Ma per avere giustizia le vittime dovranno rivolgersi ai tribunali internazionali. Perché in Italia il reato di tortura non c'è e si sa già che i processi per Bolzaneto finiranno in prescrizione.

A finire in galera, con condanne pesanti, saranno piuttosto i manifestanti arrestati con un pacco di pasta rubato al supermercato.
E i pagliacci che organizzano veglie per la difesa dei diritti civili in Paesi che non saprebbero nemmeno indicare sull'atlante?
I cantori di destra della libertà, ficcata in ogni sigla, che hanno garantito l'impunità ai torturatori?

Dormono, dormono su una collina di vergogna.

Curzio maltese Venerdì di Repubblica

24 febbraio 2008

Quel filo-abortista di Ferrara

E' veramente strabiliante che tutti i giornali (manifesto compreso) si ostinino a definire il probabile partitino di Giuliano Ferrara come una «lista antiaborista».

Per completezza di informazione e correttezza semantico-politica, vorrei far notare che l'ipotetica formazione del direttore del Foglio è a tutti gli effetti una lista a favore dell'aborto e della sua incontrollata diffusione, meglio se illegale.

Se la legge 194 ha praticamente debellato la piaga dell'aborto clandestino e ha più che dimezzato gli aborti italiani, attaccarla con toni da crociata non è altro che una squillante e vergognosa battaglia a favore dell'aborto.

Riconoscendogli una certa arguzia, molti sostengono che Ferrara sia abile a rovesciare le frittate a suo favore, ma è forse venuta l'ora di riposizionare la frittata per il verso giusto: attaccare una legge che funziona (pur a stento e faticosamente) non è altro che un attentato alla sofferenza di chi affronta scelte drammatiche. La burbanzosa leggerezza con cui si trattano temi tanto spinosi per edificare l'ennesimo partitino privato dovrebbe almeno indurre a prudenza su parole e simboli.

Spiace per Ferrara e per la sua arguzia, ma in Italia lo slogan «Aborto-no-grazie» è stato realizzato proprio dalla legge 194 e non dal fuoco di sbarramento Vaticano.
Quanto all'altro nome in ditta, «Lista per la vita», c'è da sbalordire.
Per anni, da quando è iniziata la mattanza irachena, Giuliano Ferrara ha esercitato in modo acritico e feroce la sua soave apologia della guerra.

Ora che gli iracheni morti sono oltre un milione, fregiarsi della parola «vita» in un simbolo elettorale suona come feroce sberleffo. Della vita, della morte, del dolore della gente bisogna parlare sottovoce, con rispetto.
Invece si sbraita, entrando come un elefante in una cristalleria. Si dice che a Ferrara piaccia parlar chiaro. Lo faccia anche questa volta e chiami la sua lista per quello che è: propaganda filo-abortista

Alessandro Robecchi

12 febbraio 2008

Quanto ci costerebbe (in Lire), il ritorno del Cavaliere

Alla vigilia del quasi certo ritorno di Berlusconi al potere, s'avanza nelle file del popolo di sinistra uno strano sentimento racchiuso in una domanda:

Che cosa il cavaliere puo' combinare di peggio rispetto all'ultima volta?

I cinque anni prima del governo Prodi sono stati un periodo nefasto per l'economia, dannoso per i conti pubblici, disastroso per la cultura, pericoloso in politica estera, con il progressivo allontantamento dall'Europa e il ritorno del Paese al ruolo di colonia delgi USA, testimoniato dall'adesione da sudditi alla sciagurata avventura in Iraq.
In compenso Berlusconi aveva sistemato quasi tutti i suoi affari, messo sotto schiaffo la giustizia, cancellato i reati per cui era processato, consolidato il potere del gruppo e reso naturale il dominio assoluto sui media.

Quali danni potrebbe fare allora nei prossimi cinque anni?

A partire da grandi organi d'informazione conservatori come l'Economist e il Financial Times si preannuncia la conclusione dell'opera d'isolamento dell'Italia rispetto all'Europa fino alle estreme conseguenze. Compresa una, che sembra oggi fantascienza:

l'uscita dall'area dell'euro.

Infatti, la polemica contro la moneta unica, causa di tutti imali dall'isolamento dei prezzi fino al carico fiscale, è stato il principale argomento degli ultimi due anni di Berlusconi al governo.

Liberarsi dal vincolo esterno della Ue per il populismo della destra significherebbe mano libera nelle politiche fiscali, una bella pioggia assistenzialista da prima repubblica.
Con il risultato a medio termine di uno tsunami economico, ma in tempi brevi, gli unici che interessano ormai, di un forte recupero di consensi.
L'ideale per il populismo di berlusca sarebbe l'uscita dall'euro e la possibilita' di tornare all'allegro indebitamento e alle svalutazioni selvagge.
In teoria l'accordo dell'euro non prevede vie d'uscita e ritorni alla moneta nazionale.

Ma in pratica osservano i commentatori stranieri l'italia di Berlusconi potrebbe fare di tutto per farsi buttare fuori e poi imputare le cole alla rigidita' dell'Ue.

Alla fine di questa strada per l'Italia ci sarebbe un poster dell'Argentina con Juan Peron che allarga le braccia per darci il benvenuto in Sudamerica

Fantasie? ossessioni antiberlusconiane della perfida albione? chi vivra' vedra'!


CURZIO MALTESE Venerdì di Repubblica 8 febbraio 2007

03 febbraio 2008

Stop ai rifiuti da fuori provincia e centrali Asm funzionanti a metano

Per risolvere l’emergenza rifiuti a Napoli e provincia si è pensato di smaltire le ecoballe di rifiuti in tutte le regioni italiane.
Questa proposta è stata accettata da alcune Regioni, ma ha provocato numerose reazioni negative. Reazioni comprensibili, visto che a nessuno piace ricevere in casa propria i rifiuti degli altri, anche in situazioni di particolare emergenza come questa di Napoli.
Per quanto riguarda Brescia, Asm si è affrettata a dire che non era possibile accettare quei rifiuti perché l’inceneritore è già saturo (800.000 tonnellate/anno di rifiuti bruciati). Asm non ha detto però che bruciare rifiuti altrui è la regola a Brescia.
Sono anni infatti che la terza linea (biomasse) dell’inceneritore Asm brucia rifiuti provenienti da tutta Italia. Perché? Solo per fare soldi! Eppure bruciare rifiuti inquina, e ovviamente, più ne bruci più inquini.
Si potrebbe accettare l’ipotesi di bruciare i rifiuti altrui, se Brescia avesse valori di inquinamento modesti, ma Brescia è una delle città più inquinate di tutta Italia.Industrie, traffico, riscaldamento e teleriscaldamento sono le cause del pesante inquinamento dell’aria di Brescia. L’Agenzia ministeriale a tutela dell’ambiente (Apat) nel suo autorevole Rapporto 2006 parlando di Brescia, indica come principale fonte di inquinamento per polveri sottili (Pm10) e ossidi di azoto, non il traffico veicolare, bensì il settore «aggregato industria» con «... il rilevante apporto del teleriscaldamento», ovvero Centrale Asm ed inceneritore.In una situazione di grave inquinamento come quella bresciana, mi pare francamente irresponsabile bruciare rifiuti provenienti dal resto dell’Italia, con il solo obiettivo di «fare soldi».Bastano ed avanzano i nostri rifiuti, che potrebbero anzi essere ridotti, ricorrendo ad una seria e capillare raccolta differenziata «porta a porta», metodo già collaudato con successo in molte realtà del nostro Paese.Il 10 settembre del 2007, l’Ordine dei Medici dell’Emilia-Romagna ha scritto una lettera a tutte le più alte cariche istituzionali della Regione, chiedendo che non vengano più costruiti inceneritori e motivando la richiesta per le «... forti preoccupazioni insorte a proposito del supposto eventuale impatto negativo sulla salute delle popolazioni residenti a causa della immissione nell’aria dei fumi derivanti dall’incenerimento dei residui urbani».
Qual è l’impatto dell’inceneritore Asm sulla popolazione di Brescia? Non lo sappiamo, semplicemente perché la Asl non ce lo dice. Io sono molto preoccupato da questo silenzio. Alla luce di queste notizie ed in attesa di dati attendibili, il buon senso impone almeno il divieto ad Asm di bruciare i rifiuti provenienti da fuori provincia.
Invece nulla si muove.
Come al solito i «soldi facili» sono più importanti della salute dei cittadini.Ciliegina sulla torta, Asm continua imperturbabile ad inquinare l’aria di Brescia facendo funzionare la Centrale di cogenerazione di Lamarmora (vero motore del teleriscaldamento) con il carbone e l’olio combustibile, mentre potrebbe usare il meno inquinante metano, che però ha il difetto di costare di più. Ancora una volta i soldi prima della salute dei cittadini.
Stop ai rifiuti da fuori provincia e Centrali Asm funzionanti a metano da subito, ecco le due cose sensate da fare immediatamente per migliorare la pessima qualità dell’aria di Brescia, salvaguardando così la salute di tutti i cittadini bresciani.Su questi problemi e su queste proposte sarebbe importante conoscere l’opinione dei candidati sindaci e dei singoli partiti che li sostengono. Credo che i cittadini-elettori di Brescia ne abbiano il diritto.

PIETRO CASAROTTI Brescia dal Giornale di Brescia del 3 febbraio 2008

31 gennaio 2008

Déjà vu

Non a tutti i mortali è dato il privilegio di rivivere due, tre, quattro volte la stessa vita. Confesso che quando ho visto in tivù Rotondi, con intorno alcuni amici di Rotondi, che esternava su quello che ha intenzione di fare la Dc di Rotondi, mi sono sentito un po' come Highlander... questa scena l'ho già vissuta nel '600. O era il '700? Non mi ricordo in quale vita precedente, fa lo stesso. Invece era del '600 - credo di non sbagliare - l'esposizione del sangue di San Gennaro contro la peste. Ieri il sangue si è sciolto contro la monnezza della Campania. Uno può accettare di vivere in un posto dove non cambia niente, d'accordo, ma dove non cambia niente da quattro secoli, non sarà un po' troppo? Ho rivisto con una certa tenerezza i Repubblicani, che credevo estinti, così come ho apprezzato un certo ritorno di fiamma di quella sana, virile e ardita volgarità dei fascisti. Il senatore di An Strano dichiara al il Giornale di essersi fatto «una bella scopata, dalle 11 alle 11.30». E dichiara a Repubblica: «Stamane ho fatto l'amore. Terminato alle 12.15». Non ne sentite il vago profumo littorio, l'essenza distillata di casa delle libertà, un fetore dannunziano con il Suv al posto del biplano? E anche questo, però: già visto, già vissuto. Tutto si ripete uguale. Bossi parla di fucili. Grande scandalo, ma sarà la decima volta. Legge Gasparri, già vista. Bossi-Fini, già vista. La legge elettorale elegantemente chiamata Porcellum (a proposito di prestigio all'estero), già vista. Tutto è esattamente come prima, come in una nostra vita precedente. Nel mezzo, nell'intervallo tra una vita e l'altra, molti complimenti da Standard & Poor e dalle agenzie di rating: piacciamo alle banche, non c'è che dire. Già viste anche, e forse peggiorate, le piccole inquietudini da piccoli italiani: come arrivare alla fine del mese?, domanda che secondo l'Eurispes si fanno due terzi delle famiglie italiane. Dato drammatico, che aveva sui giornali meno spazio del kamasutra col cronometro del senatore Strano. Uff! Già visto pure questo.

Alessandro Robecchi da Il Manifesto

19 gennaio 2008

Previsioni per l'anno appena nato

Un nuovo anno ci apre le sue braccia. Ma quali polemiche politiche, battaglie civili, crociate etiche ci attendono?

Ecco in anteprima assoluta e planetaria quello di cui si discuterà nell'appena nato 2008.

Sicurezza: l'esercito può sparare sui cassonetti di Napoli? Perché sei sacchetti della monnezza sono stati interrogati e malmenati in caserma? Come mai una pattuglia ha manganellato addirittura un pacifico cassonetto della Caritas? Un giorno il supercommissario De Gennaro dovrà renderne conto al paese!

Etica: provarsi la febbre è eugenetica? Ampio dibattito lanciato da il Foglio. Riforme: la bozza Bianco scappa con un ragioniere di Forza Italia. Delusione nel Partito democratico. Si parla di modello kazako corretto alla francese. Veltroni è più che ottimista.

Economia: Confindustria preoccupata per il calo di produttività dei morti sul lavoro. Le loro famiglie dovrebbero versare un contributo alle aziende.

Vaticano: è una provocazione laicista dire che la terra ruota intorno al sole. Cauto il Pd.

Economia: Le maggiori agenzie di rating internazionali fanno i complimenti all'Italia per il riordino dei conti, ma sollecitano garbatamente le organizzazioni umanitarie a inviare aiuti alimentari alla popolazione civile e piani di assistenza.

Etica: mettersi le supposte è sadomasochismo? Ampio dibattito su il Foglio.

Riforme: trova inaspettati consensi il modello elettorale della provincia del Guaranì, naturalmente corretto alla svedese. Veltroni è più che ottimista.

Economia: Sempre più famiglie italiane non riescono ad arrivare al 27 del mese. Indignazione di Montezemolo: «Non capisco il problema, basta prendere un aereo privato il 26 e si è sicuri di arrivare al 27!».

Alessandro Robecchi

05 gennaio 2008

Trionfi su grande schermo

Ecco i film in uscita a Natale, buona visione.

A.A.A. Senatore cercasi- Una commedia divertente e amara, un film corale sulle vite travolte dalla politica. Due anziani senatori si ritrovano a fare i cubisti in una discoteca del bresciano, tre attrici si trovano ai vertici dello Stato e non capiscono come mai, Cicchitto è inviato per sbaglio su una stazione spaziale. Cosa ha cambiato per sempre le loro vite? Semplice, un colpo di vento sulla scrivania di Berlusconi. Equivoci, gag, dialoghi fulminanti, tutti registrati dalla procura. Cast eccellente, se non fosse per quel Silvio, sempre macchiettistico e sopra le righe.

Il nome della cosa - Giallo gotico ambientato nel XV secolo nei sotterranei del Partito Democratico. Mentre si scrive lo statuto del partito, misteriose morti e sparizioni agitano l'antico monastero. Noioso. E' il solito polpettone fantapolitico con qualche pretesa di sfumatura psicologica. I saggi hanno paura che nasca un partito cattolico e allora offrono ai cattolici le migliori condizioni politiche possibili. Bello il finale, quando la Binetti diventa papessa e il programma del Partito Democratico si condensa in dieci piccoli comandamenti. Cast senza guizzi, belli i costumi.

Cicciobombo va alla guerra - Continua l'esilarante saga di Cicciobombo, personaggio comico dell'anno, l'unico capace di oscurare Borat. Come al solito non c'è una vera trama, ma una sequenza di divertenti schetch a sfondo comico. Grande l'interpretazione di Cicciobombo che sostiene di aver vinto la guerra in Iraq. Convincente anche il monologo a favore della censura, dove per sbaglio con una roncola si censura un piede. Meno appassionante l'episodio Cicciobombo ateo-devoto, ma qui sono interessanti i personaggi di contorno. Non un filmone, insomma, ma il pubblico esce dalla sala divertito. Le avventure di Cicciobombo sono anche in tivù e sul giornalino.

Alessandro Robecchi da Il Manifesto