15 ottobre 2007

Buoni, non toccate il governo amico

Un unico, vero, inoppugnabile argomento viene in questi giorni sbandierato da più parti: chi critica il governo si rende conto che rischia di far tornare Berlusconi? Lo ha detto pure Mastella, quindi dev'essere vero, e del resto è un classico: non lo sentiamo ripetere a ogni passo? Dunque, pensiamoci, prima di avanzare troppe critiche all'esecutivo, pensiamoci prima di fare marce e cortei di protesta. E se poi torna Berlusconi e cancella i Dico che questo governo ha realizzato con tanta prontezza? Non sarebbe una iattura per le tante coppie di fatto che grazie al governo di centro-sinistra hanno conquistato un nuovo e prezioso diritto civile? Certo, è giusto chiedere molto a un governo amico. Ma non bisogna esagerare con le pressioni. E se torna Silvio? Lo scenario è inquietante: metti che torna il Cavaliere e ripristina la legge Biagi-Maroni che questo governo ha così coraggiosamente superato a rischio di far arrabbiare Montezemolo. Non sarebbe triste che per la nostra ottusa radicalità tornassero al governo le destre, magari (parlo per assurdo) proponendo un pacchetto sul welfare gradito a Confindustria? Ammetterete che lo scenario è orribile. Con Berlusconi tornerebbe massicciamente nelle vite di giovani e meno giovani quella precarietà che questo governo ha definitivamente debellato. Per non dire di quel che succederebbe se, per una nostra miope impostazione ideologica, tornasse Berlusconi e abbassasse di nuovo la tassazione sulle rendite finanziarie che questo governo ha così coraggiosamente alzato - come da programma - penalizzando la rendita che non crea lavoro, ma soltanto speculazione e privilegio. Per cui vi prego, compagni, mostratevi un po' più disponibili, fate qualche sforzo. Non vorrete per caso far tornare Silvio e mettere in discussione tutte le mirabili conquiste sociali che abbiamo ottenuto in questo entusiasmante anno e mezzo!

Alessandro Robecchi

02 settembre 2007

Regole per l'unità della Festa

Conosco immense matrone emiliane che si farebbero esplodere, piuttosto che far infornare le lasagne della festa dell'Unità a uno della Margherita. Pure, la Storia deve fare il suo corso, e non si può arrestare il progresso. Dunque, anche per fare servizio pubblico, ecco le nuove regole democratiche della festa dell'Unità, in modo che anche prodiani e margheriti si sentano come a casa loro. Gioco del tappo - Si vince come sempre una piantina. Per vincere il ficus ci vogliono almeno sei coordinatori regionali e quattro ministri d'appoggio. Vietato fare i furbi: chi si presenta in ticket tira un tappo solo, ma paga due volte. Tagliatelle al ragù - Vietate le eterologhe. Pantheon - Da decidere. Si cercano febbrilmente simboli condivisi da celebrare. Per ora si parla di Gramsci, De Gasperi, Totti, La Pira, Olof Palme e i Duran Duran, Bettino Craxi, Hillary Clinton e Ilary Blasi. Giornali - In segno di fratellanza, alla festa verrà garantita la distribuzione di Europa, quotidiano della Margherita. Migliaia di copie in speciale carta assorbente verranno consegnate ogni mattina allo stand del gnocco fritto. Seminari - Alcuni titoli dal programma. «Modernità del socialismo liberale» (sala rossa). «Attualità del cattolicesimo liberale» (sala bianca). «Verso il futuro: il neoliberismo-liberale» (obbligatorio, sala azzurra). Cultura: «I romanzi di Walter Veltroni» (i partecipanti verranno rastrellati tra i civili, sala rosa). Paesi fratelli - Delocalizzati in Cina e Romania. Servizi -Legittimo l'entusiasmo del segretario: «Abbiamo un bancomat». Incasso - Si può decidere di lasciarlo in azienda, ma bisogna comunicarlo subito. Se no scatta il silenzio assenso e finisce in un fondo d'investimento immobiliare molto redditizio quotato a Wall Street.

Alessandro Robecchi da il Manifesto 19-8-2007

31 maggio 2007

Tutto in famiglia

Siccome il Family Day è venuto bene, già si pensa di farne un appuntamento fisso. Molte sono le amene località italiane che vorrebbero ospitare il prossimo Family Day.
Forte - sull'onda dell'emozione - la candidatura del ridente borgo di Marsciano (Umbria): moglie incinta ammazzata di botte, fermato il marito. Anche Belluno ha le carte in regola per ospitare la sagra della famiglia tradizionale: moglie accoltellata dal marito. Anche Parma se lo meriterebbe: moglie strangolata dal marito. Un gemellaggio per ospitare il Family Day si potrebbe tentare tra L'Aquila e Rieti, dove lo stesso tizio ha ammazzato a fucilate la convivente e la figliastra. Roma si candida soltanto con il triste episodio della figlia malata di mente che accoltella la madre. Mentre Gorgonzola (Lombardia), presenta il caso più standard: uccisa dal fidanzato che la sorprende con l'amante (tutti stranieri, in questo caso: al Family Day si potrebbe unire la tradizionale fiaccolata della Lega).
E queste sono solo le candidature degli ultimi cinque giorni: quelle quotidiane celebrazioni della famiglia italiana dove alla fine, invece dei cantanti, intervengono i Ris e la scientifica. Altro che i bambini fanno oh! Sto aspettando con ansia che qualche esponente della sinistra ci spieghi che «bisogna ascoltare quella piazza». Bravo, ma quale? Belluno o Parma? Marsciano o Gorgonzola? Essere più precisi, please!
Quanto all'emergenza criminalità e alla voglia di sicurezza, la destra che ha trionfato al Nord al grido di «tolleranza zero» dovrebbe valutare alcune opzioni operative, come ad esempio le telecamere nelle sale da pranzo e le ronde notturne nelle camere da letto. Vedremo. Certo non mancano le note positive: se sono scontente della loro presenza nella politica, nell'economia, nelle istituzioni, le donne italiane possono invece gioire per il loro ruolo preminente in famiglia. Come vittime, sono maggioranza assoluta.

(Alessandro Robecchi - Il Manifesto del 30/5/07)

17 aprile 2007

Ve lo dico in cinese

Io ve l'avevo detto qualche settimana fa. S.O.S. da Milano, venite a salvarci. E voi: niente. Se volete ve lo dico in cinese!

Uno. Può seriamente Milano candidarsi all'Expo, scintillante vetrina del mondo, se non sa dove mettere 15 mila cinesi? Nel dubbio, raccoglie soldi con le multe ai cinesi.

Due. Il problema, a quanto pare, è spostare i cinesi che si ostinano ad avere i magazzini in una zona a ridosso del centro. La deportazione dei cinesi. Bisogna trovare un'area per l'ingrosso dei cinesi: qualcuno a Milano ha già gli occhi a forma di dollaro, e non è cinese per niente.

Tre. Generosamente il comune di Milano si offrirebbe di fornire l'area, ovviamente con «un introito alle casse dell'amministrazione». In cinese si legge così: ti rompo i coglioni finché non mi dai dei soldi.

Quattro. La città non è nuova alle deportazioni di massa. Dal centro alle periferie quando si è terziarizzato il centro. Poi il quartiere Garibaldi ha cacciato i poveri e si è fatto fighetto: una finta Parigi come può immaginarsela un cumenda milanese. La stessa pulizia etnica su base di reddito è prevista all'Isola, quartiere popolare che sarà grattacielizzato. Favelas e baraccopoli sono in aumento.

Cinque. Interessante risvolto mediatico: appena i cinesi si sono incazzati per una multa, i giornali si sono riempiti di Dragoni, Triadi, affari loschi, mafia cinese e spaventosi reati. Non so in Cina, non so a casa Moratti, ma a casa mia (Milano) questo si chiama criminalizzare.

Sei. I cinesi hanno valorizzato una zona che cadeva a pezzi pagando tanto e facendo lievitare i valori immobiliari. Ora non servono più: il metroquadro decinesizzato varrebbe il doppio.

Sette. Nonostante Milano sia saldamente in mano alla peggior destra da quattordici anni, per veder sventolare una bandiera rossa abbiamo dovuto aspettare qualche bottegaio cinese. Allora, venite a salvarci o no? (e non dai cinesi).

Alessandro Robecchi

Il manifesto

22 febbraio 2007

Torino-Lione il non-sense del tunnel e della Tav

«Ferrovie italiane a rischio paralisi»: così strillava in prima pagina il “Sole24Ore” di domenica scorsa.
Il motivo è l’invio dalla Commissione europea a Romano Prodi del rapporto di previsione sul traffico alpino, le cui conclusioni sono state rilanciate da autorevoli esponenti politici. Morale: il nuovo tunnel della Torino-Lione deve essere fatto.
In realtà il rapporto ripropone solo la rilettura degli studi già effettuati da Ltf, Bbt e Alptransit; società direttamente legate ai progetti dei nuovi tunnel ferroviari della Torino-Lione, del Brennero e del Loetschberg-Gottardo. Già basterebbe questa considerazione per chiedere la moratoria dei proclami perentori e l’avvio di uno studio indipendente.

Nell’attesa che ciò accada è comunque importante tornare a mettere in fila gli argomenti per dimostrare l’inutilità di questa nuova grande opera.
Nel 2005 hanno valicato le Alpi oltre 150 milioni di tonnellate di merce; il 70% per strada e il 30% per ferrovia.
Di questi, solo 18 milioni di tonnellate sono passate per il sistema Frejus-Moncenisio, quello che dovrebbe essere interessato dal nuovo tunnel ferroviario.
Tra il 1995 e il 2005 il trasporto di merci lungo questa direttrice è diminuito: -29% quello ferroviario, -15% quello stradale.
Del resto il grosso dei trasporti merci transalpini continua a transitare lungo le direttrici Nord-Sud: se si sommano i flussi attraverso il Sempione, il Gottardo e il Brennero, si raggiunge il 69% del totale dei traffici transalpini di merci (e sono flussi cresciuti di circa il 50% negli ultimi dieci anni).
Va ricordato che le attuali infrastrutture ferroviarie alpine hanno una capacità residua che potrebbe essere utilizzata per trasportare altri 66 milioni di tonnellate di merce. Questo è vero in particolare proprio per l’attuale linea ferroviaria del Frejus-Moncenisio, che oggi trasporta circa 6 milioni di tonnellate di merce, ma potrebbe trasportarne altri 13.
Detto in altri termini: l’attuale linea ferroviaria Torino-Lione potrebbe trasportare tutto il traffico merci di attraversamento, compreso quello che oggi viene trasportato dai camion.
Si deve tenere conto infine che l’attuale capacità dei collegamenti ferroviari transalpini verrà ulteriormente aumentata da due nuovi tunnel di base ferroviari: il nuovo Loetschberg (in corso di completamento) e il nuovo Gottardo (che dovrebbe essere completato nel 2018).In sintesi, dunque: oggi vi è un eccesso di capacità ferroviaria che crescerà ulteriormente con la messa in esercizio dei nuovi tunnel svizzeri.
In questo quadro non pare necessario costruire nuove infrastrutture di attraversamento alpino, in particolare sul versante occidentale, dove i flussi di merce sono meno consistenti e in calo e dove incrementi di capacità disponibile per il trasporto ferroviario di merci potrebbero essere più agevolmente (e più economicamente) realizzati con potenziamenti tecnologici dell’attuale Torino-Lione e con il potenziamento della linea attraverso Ventimiglia, oggi dedicata al trasporto di persone.Ma queste semplici e lineari considerazioni non sono sufficienti per superare tutti gli argomenti di chi è a favore della Tav Torino-Lione. Secondo loro infatti, il nuovo tunnel dovrebbe essere inquadrato in uno scenario trasportistico di dirompente crescita della domanda di trasporto ferroviario di merci; uno scenario dunque radicalmente diverso da quello attuale.

Non bisogna dunque fare riferimento alle statistiche attuali dei trasporti, ma immaginare che si realizzino due condizioni:
1) che prosegua un impegno per il trasporto sostenibile che conduca al ribaltamento dell’attuale ripartizione dei flussi tra strada e ferrovia;
2) che l’Italia, in particolare attraverso i suoi porti, catturi una quota rilevante dei nuovi traffici globali, che hanno origine in Asia e destinazione in Europa.Per onestà intellettuale mi tocca aprire un inciso.

Non si capisce infatti perché un Paese che ha a cuore la sostenibilità debba partecipare alla competizione internazionale per attrarre dei flussi di trasporto di puro attraversamento. Altri Paesi (la Svizzera, l’Austria) si sono inventati di tutto per cercare di evitarli e noi invece dovremmo andare a cercarli.

In altri termini: se della merce deve andare da Singapore a Strasburgo, che venga portata per nave fino a Rotterdam! Ma chiudiamo l’inciso e andiamo avanti.Ammesso che la crescita dei flussi si realizzi dove bisognerebbe intervenire? Dato che non abbiamo previsioni numeriche serie, la cosa più sensata è costruire una gerarchia di interventi.
Priorità 1: intervenire sulle tecnologie e sui modelli di esercizio dell’attuale sistema dei valichi ferroviari;
Priorità 2: intervenire sui collegamenti a valle dei nuovi tunnel ferroviari svizzeri;
Priorità 3: potenziare il sistema delle infrastrutture ferroviarie al servizio dei flussi transalpini Nord-Sud (in ordine verosimile di priorità: nuovo Brennero, nuovo Sempione, nuovo attraversamento ligure).
Priorità 4: nuovo tunnel del Frejus (cioè la Tav Torino-Lione).
Due sono dunque le conclusioni.
Prima conclusione: la nuova Tav Torino-Lione è inutile nell’attuale scenario di trasporto transalpino di merci.
Seconda conclusione: prendendo per buono uno scenario di crescita dirompente dei traffici ferroviari attraverso le Alpi, la nuova Tav Torino-Lione è l’ultima delle priorità di nuove grandi opere infrastrutturali (da realizzare dopo altri sei mega-progetti).

Resta allora da chiedersi: perché la Tav Torino-Lione è al centro del dibattito di politica dei trasporti?
Dimenticavo: il fanta-scenario dei pro-Tav Torino-Lione può essere rafforzato da un ulteriore elemento: un’esponenziale crescita del livello di internazionalizzazione del Nord-Ovest italiano. Ciò giustificherebbe un del tutto inedito ruolo dei rapporti Italia-Francia-Spagna e, quindi, la necessità della Tav Torino-Lione. Ma ragionando così si esce persino dalla fanta-scenaristica e si entra in una dimensione dove tutto può essere ipotizzato e vengono a mancare gli elementi minimi per poter discutere.

Gerardo Marletto
professore associato di Economia applicata(Università di Sassari
Liberazione 21 febbraio 2007