L’Italia si sta spegnendo. Non serve un economista per accorgersene. Basta entrare in un supermercato.
I dati 2022-2023 ci dicono che il volume delle vendite nella grande distribuzione è crollato tra il 4 e il 6 per cento. I discount, che dovrebbero essere l’ultimo rifugio delle famiglie in difficoltà, segnano un meno 7 per cento. La carne fresca scende del 10 per cento, il pesce del 12, la frutta e la verdura oscillano tra il meno 8 e il meno 14 per cento. L’ortofrutta registra il calo più violento degli ultimi vent’anni. Anche i prodotti considerati intoccabili cedono: pasta meno 3 per cento, latte meno 5, beni per l’infanzia meno 8.
Questi numeri hanno nomi e volti. Sono la madre che sceglie la carne più economica e la pesa due volte prima di metterla nel carrello. Sono il padre che rinuncia al pesce fresco perché costa troppo. Sono i bambini che non vedono più frutta a tavola tutti i giorni. Non è austerità. È povertà che avanza, casa per casa, carrello per carrello. È un Paese che non compra più perché non può più comprare.
Nel frattempo la vita si fa più cara. Gli affitti crescono fino al 25 per cento in due anni. Le bollette hanno accumulato aumenti del 40 per cento. La benzina resta su livelli improponibili per chi prende 1.400 o 1.600 euro netti al mese, che sono la condizione reale della metà dei lavoratori italiani. Sopra i 3.000 netti ci arriva meno del 10 per cento della popolazione. Sopra i 5.000 una micro minoranza che vive in un altro Paese, lontano dai supermercati dove il resto degli italiani conta le monete.
Un insegnante con vent’anni di servizio guadagna meno di 1.800 euro netti. Un infermiere che lavora su turni, notti e festivi si ferma poco sopra. Un impiegato di banca, figura che un tempo garantiva sicurezza, oggi vive con 1.600 euro e il mutuo sulle spalle. Mentre i politici si aumentano i rimborsi e le società quotate distribuiscono dividendi record. Mentre il governo annuncia il successo e la ripresa.
La sanità è un muro invalicabile. Una donna di cinquant’anni che scopre un nodulo al seno aspetta sette mesi per una mammografia. Sette mesi durante i quali ogni giorno è un pensiero che corrode. Sette mesi che possono fare la differenza tra guarigione e metastasi. Questo è il Sistema Sanitario Nazionale oggi. Un sistema che uccide per lista d’attesa. Reparti che lavorano con organici tagliati fino al 30 per cento. Oltre 2,5 milioni di persone che rinunciano alle cure per ragioni economiche. Una visita privata può costare 120 o 150 euro, una specialistica 250. Per milioni di italiani questo significa non curarsi. Significa scegliere tra mangiare e vivere.
Sul lavoro, l’età pensionabile è ferma a 67 anni, destinata a salire. Un Paese che obbliga a lavorare fino a quasi settant’anni con stipendi fermi da quindici anni non ha nulla di sostenibile. La mobilità sociale è tra le peggiori dell’OCSE. La povertà assoluta è ai massimi da quando esistono le rilevazioni. I giovani fuggono a centinaia di migliaia l’anno.
L’evasione fiscale supera 90 miliardi annui. È un pozzo senza fondo che nessun governo ha mai voluto tappare davvero. Si premia chi evade con condoni e rottamazioni, si punisce chi paga tutto. E intanto il PNRR, che doveva essere il motore della ricostruzione, arranca in modo imbarazzante. Oltre 40 miliardi di euro fermi. Quaranta miliardi che dovevano ricostruire il Paese e invece dormono in cassetti ministeriali, bloccati da burocrazia, incompetenza, incapacità strutturale. Soldi europei che l’Italia non sa spendere mentre annuncia tagli alla sanità, alla scuola, alle pensioni. È l’immagine perfetta di un governo che non governa. Che amministra il declino. E senza il PNRR saremmo già in recessione tecnica, mentre tutta l’Europa cresce più di noi.
A questo punto arriva l’obiezione di regime: “È colpa del Superbonus 110 per cento.”
No. Il Superbonus è stato gestito da incompetenti e ha generato distorsioni gravi. Ma non ha causato il crollo dei consumi. I dati lo dimostrano: la crisi era già in atto nel 2022 e 2023, mentre il 110 era ancora attivo. La grande distribuzione segnava le prime contrazioni, le famiglie tagliavano già carne e pesce. E soprattutto: il vero problema strutturale dell’Italia è che siamo l’unico Paese OCSE dove i salari reali sono calati negli ultimi trent’anni. Mentre in Germania, Francia, Spagna salivano del 20, 30, 40 per cento, in Italia scendevano. Questo è il cancro. Non il Superbonus.
La Spagna investe e cresce. La Francia investe e cresce. Il Portogallo investe e cresce. L’Italia taglia e affonda. Il governo usa il 110 come capro espiatorio per coprire il proprio fallimento.
Poi c’è la parte più grottesca. La premier che racconta un’Italia che “raggiunge risultati storici”, che “è diventata un modello europeo”, che “ha migliorato tutti gli indicatori”. Ed è qui che entra in scena la vicenda più simbolica. La libertà di stampa. Reporter Senza Frontiere piazza l’Italia nel 2024 al 46° posto, cinque posizioni più in basso rispetto all’anno precedente. Un crollo. Un segnale grave. Un campanello d’allarme internazionale.
E cosa fa la premier? Sostiene il contrario. Dice che l’Italia ha “guadagnato posizioni”. Che stiamo risalendo. Che la stampa è più libera. Tutto pronunciato con sicurezza assoluta. Poi arriva la verità. Era un errore. Stava leggendo la classifica al contrario. Il fondo scambiato per la cima. La discesa letta come salita. Una gaffe che se fosse rimasta in privato sarebbe ridicola. Detta da chi governa un Paese diventa una metafora perfetta del modo in cui si governa: prendere i numeri, rovesciarli, trasformarli in propaganda.
Vale per la stampa. Vale per l’economia. Vale per la povertà. Vale per il PNRR. Vale per la sanità. Vale per l’occupazione. Vale per tutto ciò che il Paese vive e che il governo finge di non vedere.
L’Italia si trova davanti una frattura reale, documentata, misurabile. Consumi che crollano. Grande distribuzione in contrazione pesantissima. Redditi stagnanti. Inflazione che divora i salari. Servizi pubblici degradati. Giovani che fuggono. Pensioni che slittano. Povertà che sale. E una politica che si racconta trionfatrice guardando grafici sottosopra.
Un Paese così non può rialzarsi finché non riconosce la verità. E la verità, oggi, è scritta nei numeri. Non nelle conferenze stampa. Non nelle frasi preparate. Non nelle illusioni. Nei numeri.
E i numeri dicono che l’Italia è in crisi. Profonda. Strutturale. Negata solo da chi continua a leggere il foglio nel verso sbagliato.
E qui si apre la verità: tutto questo non è un errore. È un tradimento del patto sociale. Un governo che rovescia i numeri, rovescia anche la fiducia. Se continua così, tra due anni il crollo dei consumi sarà irreversibile. La sanità non rallenterà: collasserà. I giovani non emigreranno: scapperanno. Il PNRR non sarà un’occasione sprecata: sarà la condanna definitiva al declino.
Mentre il Paese conta le monete alla cassa del supermercato, qualcuno a Palazzo Chigi legge i grafici sottosopra e annuncia il miracolo.
Non è incompetenza.
È menzogna di Stato.
E un Paese che si regge sulla menzogna non si salva.
Affonda."
(Da Timostene, utente SandroR- su X)
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