04 ottobre 2025

Perché nessuno critica Israele

Se c’è una cosa che i governi occidentali, Italia inclusa, sembrano voler evitare con ogni mezzo è uno scontro diretto con Israele. Anche quando l’evidenza dei fatti — dai bombardamenti su Gaza agli attacchi alle missioni umanitarie — renderebbe legittime domande scomode, la reazione ufficiale resta cauta, sfumata, o del tutto silente. Non è solo una questione di geopolitica o di rapporti storici. È anche — e forse soprattutto — una questione di infrastrutture digitali. Perché negli ultimi vent’anni, Israele è diventato la “cassaforte informatica” dell’Occidente: è nei software israeliani che girano, si archiviano e si proteggono alcune delle informazioni più sensibili di governi, ministeri, forze dell’ordine e servizi segreti europei. Una sorta di "scatola nera", insomma.

Israele ha costruito nel tempo un ecosistema tecnologico militare unico al mondo, frutto dell’intreccio tra università, esercito e intelligence. È dal reparto di élite del Mossad per la cyber–intelligence, considerata la “Silicon Valley della guerra digitale” che provengono molto spesso fondatori e dirigenti di decine di startup e colossi dell’hi-tech che sviluppano strumenti di sorveglianza, intercettazione, profilazione e controllo dei dati venduti ai governi occidentali sotto forma di “sicurezza nazionale”.

Senza dimenticare poi quei software capaci di trasformare un semplice smartphone in un microfono permanente senza lasciare traccia (numerosi giornalisti italiani e non, ne sanno qualcosa). Fatti che dimostrano al mondo quanto sia sottile il confine tra protezione e spionaggio. Dopo i recenti scandali, il problema non è scomparso: è solo diventato più invisibile.

Ci sono Paesi che usano prodotti israeliani per gestire dati classificati. Se volessero, gli israeliani avrebbero la mappa completa delle vulnerabilità digitali dell’intero continente europeo. Non è detto che lo facciano, ma è tecnicamente possibile. E questo basta e avanza per tenere tutti i governi occidentali in silenzio.

L'Espresso 

03 ottobre 2025

Sciopero

Non so voi, ma io comincio ad essere stanchino, per usare un eufemismo, di tutti quelli che in queste ore danno lezioni non richieste ai sindacati, e per estensione ai cittadini, su come, quando e perché si deve scioperare.

Dalla Presidente del Consiglio all’ultimo frescone da bar.

C’è quello che ti dice che “scioperando dai fastidio alle persone comuni, non a chi ci governa”. 

Vi do una notizia: uno sciopero DEVE creare disagio. Deve disturbare, urticare, con lo scopo preciso di portare all’attenzione dell’opinione pubblica un’ingiustizia e indicarne i responsabili affinché si risvegli una coscienza collettiva. Non è difficile.

C’è quello che “eh, ma perché non scioperate sui salari, sul lavoro, sulla sanità?”

Scioperiamo anche sui salari, anche sul lavoro, anche sulla sanità. E no, l’una non esclude le altre. I diritti non si sottraggono, più ne hai più facilmente ne ottieni altri. 

C’è quello che “nessuno pensa agli italiani”, e sono gli stessi che in queste ore vorrebbero vedere i nostri connazionali della Flotilla in un carcere israeliano a pane e acqua.

C’è addirittura la Presidente del Consiglio che si permette di insultare i lavoratori: “Non vogliono fare la rivoluzione, solo il weekend lungo”.

Le consiglio di studiare la Costituzione e in particolare l’articolo 40, che riconosce il diritto fondamentale dello sciopero e no, non specifica il giorno in cui si può scioperare. E di sicuro non tocca a lei stabilirlo.

C’è l’aspirante sindacalista che ti dice come si fa uno sciopero, quando si deve fare, in che modo, con quali rivendicazioni, e non è sceso in piazza neanche quando ci toglievano l’Articolo 18.

Che vi piaccia o meno, c’è un pezzo enorme e maggioritario di Paese (oltre 7 italiani su 10) che condivide le ragioni della Global Sumud Flotilla e milioni di italiani che domani sciopereranno, rinunceranno allo stipendio, bloccheranno tutto, pacificamente ma in modo fermo.
E tutto questo non per difendere un’idea astratta ma il diritto di liberi cittadini italiani di compiere una missione umanitaria disarmata e disarmante senza essere sequestrati e detenuti illegalmente da un governo criminale al di fuori da ogni diritto internazionale.

E se questa non vi sembra una ragione valida per scioperare, il problema non è lo sciopero.

Siete voi.

Lorenzo Tosa