24 febbraio 2008

Quel filo-abortista di Ferrara

E' veramente strabiliante che tutti i giornali (manifesto compreso) si ostinino a definire il probabile partitino di Giuliano Ferrara come una «lista antiaborista».

Per completezza di informazione e correttezza semantico-politica, vorrei far notare che l'ipotetica formazione del direttore del Foglio è a tutti gli effetti una lista a favore dell'aborto e della sua incontrollata diffusione, meglio se illegale.

Se la legge 194 ha praticamente debellato la piaga dell'aborto clandestino e ha più che dimezzato gli aborti italiani, attaccarla con toni da crociata non è altro che una squillante e vergognosa battaglia a favore dell'aborto.

Riconoscendogli una certa arguzia, molti sostengono che Ferrara sia abile a rovesciare le frittate a suo favore, ma è forse venuta l'ora di riposizionare la frittata per il verso giusto: attaccare una legge che funziona (pur a stento e faticosamente) non è altro che un attentato alla sofferenza di chi affronta scelte drammatiche. La burbanzosa leggerezza con cui si trattano temi tanto spinosi per edificare l'ennesimo partitino privato dovrebbe almeno indurre a prudenza su parole e simboli.

Spiace per Ferrara e per la sua arguzia, ma in Italia lo slogan «Aborto-no-grazie» è stato realizzato proprio dalla legge 194 e non dal fuoco di sbarramento Vaticano.
Quanto all'altro nome in ditta, «Lista per la vita», c'è da sbalordire.
Per anni, da quando è iniziata la mattanza irachena, Giuliano Ferrara ha esercitato in modo acritico e feroce la sua soave apologia della guerra.

Ora che gli iracheni morti sono oltre un milione, fregiarsi della parola «vita» in un simbolo elettorale suona come feroce sberleffo. Della vita, della morte, del dolore della gente bisogna parlare sottovoce, con rispetto.
Invece si sbraita, entrando come un elefante in una cristalleria. Si dice che a Ferrara piaccia parlar chiaro. Lo faccia anche questa volta e chiami la sua lista per quello che è: propaganda filo-abortista

Alessandro Robecchi

12 febbraio 2008

Quanto ci costerebbe (in Lire), il ritorno del Cavaliere

Alla vigilia del quasi certo ritorno di Berlusconi al potere, s'avanza nelle file del popolo di sinistra uno strano sentimento racchiuso in una domanda:

Che cosa il cavaliere puo' combinare di peggio rispetto all'ultima volta?

I cinque anni prima del governo Prodi sono stati un periodo nefasto per l'economia, dannoso per i conti pubblici, disastroso per la cultura, pericoloso in politica estera, con il progressivo allontantamento dall'Europa e il ritorno del Paese al ruolo di colonia delgi USA, testimoniato dall'adesione da sudditi alla sciagurata avventura in Iraq.
In compenso Berlusconi aveva sistemato quasi tutti i suoi affari, messo sotto schiaffo la giustizia, cancellato i reati per cui era processato, consolidato il potere del gruppo e reso naturale il dominio assoluto sui media.

Quali danni potrebbe fare allora nei prossimi cinque anni?

A partire da grandi organi d'informazione conservatori come l'Economist e il Financial Times si preannuncia la conclusione dell'opera d'isolamento dell'Italia rispetto all'Europa fino alle estreme conseguenze. Compresa una, che sembra oggi fantascienza:

l'uscita dall'area dell'euro.

Infatti, la polemica contro la moneta unica, causa di tutti imali dall'isolamento dei prezzi fino al carico fiscale, è stato il principale argomento degli ultimi due anni di Berlusconi al governo.

Liberarsi dal vincolo esterno della Ue per il populismo della destra significherebbe mano libera nelle politiche fiscali, una bella pioggia assistenzialista da prima repubblica.
Con il risultato a medio termine di uno tsunami economico, ma in tempi brevi, gli unici che interessano ormai, di un forte recupero di consensi.
L'ideale per il populismo di berlusca sarebbe l'uscita dall'euro e la possibilita' di tornare all'allegro indebitamento e alle svalutazioni selvagge.
In teoria l'accordo dell'euro non prevede vie d'uscita e ritorni alla moneta nazionale.

Ma in pratica osservano i commentatori stranieri l'italia di Berlusconi potrebbe fare di tutto per farsi buttare fuori e poi imputare le cole alla rigidita' dell'Ue.

Alla fine di questa strada per l'Italia ci sarebbe un poster dell'Argentina con Juan Peron che allarga le braccia per darci il benvenuto in Sudamerica

Fantasie? ossessioni antiberlusconiane della perfida albione? chi vivra' vedra'!


CURZIO MALTESE Venerdì di Repubblica 8 febbraio 2007

03 febbraio 2008

Stop ai rifiuti da fuori provincia e centrali Asm funzionanti a metano

Per risolvere l’emergenza rifiuti a Napoli e provincia si è pensato di smaltire le ecoballe di rifiuti in tutte le regioni italiane.
Questa proposta è stata accettata da alcune Regioni, ma ha provocato numerose reazioni negative. Reazioni comprensibili, visto che a nessuno piace ricevere in casa propria i rifiuti degli altri, anche in situazioni di particolare emergenza come questa di Napoli.
Per quanto riguarda Brescia, Asm si è affrettata a dire che non era possibile accettare quei rifiuti perché l’inceneritore è già saturo (800.000 tonnellate/anno di rifiuti bruciati). Asm non ha detto però che bruciare rifiuti altrui è la regola a Brescia.
Sono anni infatti che la terza linea (biomasse) dell’inceneritore Asm brucia rifiuti provenienti da tutta Italia. Perché? Solo per fare soldi! Eppure bruciare rifiuti inquina, e ovviamente, più ne bruci più inquini.
Si potrebbe accettare l’ipotesi di bruciare i rifiuti altrui, se Brescia avesse valori di inquinamento modesti, ma Brescia è una delle città più inquinate di tutta Italia.Industrie, traffico, riscaldamento e teleriscaldamento sono le cause del pesante inquinamento dell’aria di Brescia. L’Agenzia ministeriale a tutela dell’ambiente (Apat) nel suo autorevole Rapporto 2006 parlando di Brescia, indica come principale fonte di inquinamento per polveri sottili (Pm10) e ossidi di azoto, non il traffico veicolare, bensì il settore «aggregato industria» con «... il rilevante apporto del teleriscaldamento», ovvero Centrale Asm ed inceneritore.In una situazione di grave inquinamento come quella bresciana, mi pare francamente irresponsabile bruciare rifiuti provenienti dal resto dell’Italia, con il solo obiettivo di «fare soldi».Bastano ed avanzano i nostri rifiuti, che potrebbero anzi essere ridotti, ricorrendo ad una seria e capillare raccolta differenziata «porta a porta», metodo già collaudato con successo in molte realtà del nostro Paese.Il 10 settembre del 2007, l’Ordine dei Medici dell’Emilia-Romagna ha scritto una lettera a tutte le più alte cariche istituzionali della Regione, chiedendo che non vengano più costruiti inceneritori e motivando la richiesta per le «... forti preoccupazioni insorte a proposito del supposto eventuale impatto negativo sulla salute delle popolazioni residenti a causa della immissione nell’aria dei fumi derivanti dall’incenerimento dei residui urbani».
Qual è l’impatto dell’inceneritore Asm sulla popolazione di Brescia? Non lo sappiamo, semplicemente perché la Asl non ce lo dice. Io sono molto preoccupato da questo silenzio. Alla luce di queste notizie ed in attesa di dati attendibili, il buon senso impone almeno il divieto ad Asm di bruciare i rifiuti provenienti da fuori provincia.
Invece nulla si muove.
Come al solito i «soldi facili» sono più importanti della salute dei cittadini.Ciliegina sulla torta, Asm continua imperturbabile ad inquinare l’aria di Brescia facendo funzionare la Centrale di cogenerazione di Lamarmora (vero motore del teleriscaldamento) con il carbone e l’olio combustibile, mentre potrebbe usare il meno inquinante metano, che però ha il difetto di costare di più. Ancora una volta i soldi prima della salute dei cittadini.
Stop ai rifiuti da fuori provincia e Centrali Asm funzionanti a metano da subito, ecco le due cose sensate da fare immediatamente per migliorare la pessima qualità dell’aria di Brescia, salvaguardando così la salute di tutti i cittadini bresciani.Su questi problemi e su queste proposte sarebbe importante conoscere l’opinione dei candidati sindaci e dei singoli partiti che li sostengono. Credo che i cittadini-elettori di Brescia ne abbiano il diritto.

PIETRO CASAROTTI Brescia dal Giornale di Brescia del 3 febbraio 2008