22 settembre 2025

l'Italia non riconosce la Palestina

Questa notte all’assemblea delle nazioni unite tutto il Sud del Mondo riconoscerà la Palestina. La proposta viene da due storici alleati di Israele, Francia e Arabia Saudita. Sì, anche i gli Stati Arabi, che Trump aveva convinto a firmare con Tel Aviv i Patti di Abramo, voteranno a favore. E lo faranno Regno Unito, Canada, Australia, Spagna, Portogallo, Irlanda la maggioranza dei paesi europei, i quattro quinti del Consiglio di Sicurezza. 

Non l’Italia di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini. Che in queste stesse ore innalzano un peana all’America razzista, che odia le donne e le diversità sessuali, che toglie dai musei le immagini degli schiavi e delle loro cicatrici, che perseguita migranti e studenti palestinesi, licenzia chiunque abbia lavorato in organizzazioni per l’aiuto ai paesi poveri, ai poveri d’America, allo minoranze, che caccia giudici colpevoli di aver indagato Trump, o chi si occupa di riscaldamento globale e ugiaglianza. 

Riconoscere la Palestina non vuol dire credere alla soluzione dei Due Stati: Israele di fatto già già annesso la Cisgiordania, recintato Gerusalemme solo a uso degli ebrei, distrutto ogni casa della Striscia per trasformarla in un osceno resort di lusso sulla terra dove sono sepolti decina di migliaia di bambini, madri, medici, giornalisti palestinesi. Riconoscere le Palestina vuol dire che nella terra dal Giordano al Mediterraneo, la terra che una favola biblica, priva di riscontri storici, dice che Dio l’avrebbe promessa al “popolo eletto”, vivono oggi 7 milioni e mezzo di israeliani e 7 milioni e mezzo di palestinesi. E questi ultimi hanno lo stesso diritto di restarci, liberi.

Per questo Israele e Stati Uniti vanno su tutte le furie. Sostengono che quei 7 milioni e mezzo, che quei bambini palestinesi -non i guerriglieri di Hamas, misteriosamente sopravvissuti a 2 anni di stragi- siano non umani. Esseri nocivi da cacciare, da rinchiudere e lasciar morire in qualche deserto dell’Africa. Perché Tel Aviv ha stracciato gli accordi di Oslo e la stretta di mano tra Rabin e Arafat. L’ha stracciata il 4 novembre 1995, quando un colono ebreo -si diceva allora “estremista”- uccise Rabin e Netanyahu cominciò la sua ascesa. E poi, più di recente, quando Trump ha stracciato il tenue legame, se volete la foglia di fico, che legava gli USA al diritto internazionale e al senso stesso delle Nazioni Unite. La soluzione finale - uso il termine che i nazisti inventarono per il problema ebraico- la soluzione finale del problema palestinese è la levatrice del  mondo che potrebbe essere. Del non diritto. Dove si professa la legge del più forte. Si invadono stati come l’Ucraina, si afferma che quelle nazioni non siano mai esistite. Si impongono dazi e si annettono “terre rare”. Si prova a convincere l’opinione pubblica che Pace è Guerra, cioè viene  prima la Guerra e detta la Pace. 

La scelta è semplice. Non è disperata. Perché la stragrande maggioranza delle donne e degli uomini sulla terra condanna Israele e Stati Uniti. Perché i loro governi non sono mai stati tanto isolati. Perché bambini e persone di buona volontà non vorrebbero mai che un tiratore da un tetto uccida Charlie Kirk per le sue idee. E chiunque abbia letto e pensato rifiuta il mondo di Charlie Kirk. In cui le donne nere sono meno intelligenti. Dove chi non si accoppi, maschio e femmina, nella posizione del missionario offende Dio più di chi ammazza. E le armi da guerra è giusto che si vendano al supermercato. Ed è sacra la proprietà dei ricchi e un dono di Dio la povertà di povero. Un mondo in cui ricerca, scienza, dati, spazio siano solo privati.

07 settembre 2025

Il calvario di Francesca Albanese

Poco fa, in una conferenza stampa in Senato organizzata da Avs, Francesca Albanese ha raccontato cosa significhi davvero essere colpita da sanzioni dal Paese più potente al mondo.

È un racconto da brividi, che Meloni e Tajani dovrebbero ascoltare dall’inizio alla fine e magari provare un po’ di vergogna per il loro silenzio.

“Non posso nemmeno aprire un conto corrente bancario, dunque non posso fare quasi niente. Sono rientrata a Napoli per ragioni familiari e, non avendo una carta di credito, non ho potuto nemmeno affittare un’auto. 
Sono costretta a girare con i contanti. 

Sono accusata di essere una minaccia per l'economia globale. 
Questo significa che le persone che hanno rapporti con me, in particolare dal punto di vista finanziario, possono essere soggette a sanzioni penali e pecuniarie fino a un miliardo e a 20 anni di carcere!
Significa, per esempio, che mia figlia, che è cittadina statunitense, è tecnicamente passibile di arresto per avermi comprato un caffè.

Questo ha creato il gelo intorno a me, non per mancanza di fiducia ma per l'atteggiamento di minaccia dell'amministrazione Usa.

Questa nei miei confronti è una modalità punitiva e persecutoria.

Non è solo un attacco a me, è un attacco alle Nazioni Unite, ed è per questo che servono i governi, il mio innanzitutto.
Eppure nessun membro del governo italiano mi ha chiamato per esprimermi solidarietà. Altri governi lo hanno fatto, non quello italiano. 

Se sono sorpresa? In un ordinamento costituzionale ci si aspetta che l'organo preposto a difendere la Costituzione si pronunci su un provvedimento senza precedenti come questo. Spero che gli italiani si rendano conto di quello che sta succedendo in questo Paese”.

Neanche di fronte a una propria connazionale - tra l’altro di questo livello e spessore - che subisce quello che sta subendo Francesca Albanese nell’esercizio delle sue funzioni di relatrice Onu, neanche di fronte a queste parole il governo ha un sussulto di dignità.

Cosa deve subire ancora Francesca Albanese perché il governo italiano la difenda?

Vicinanza umana e morale a questa grande donna, che per mesi ha retto quasi solo sulle proprie spalle la dignità dell’Italia nel mondo sugli orrori di Gaza. 

Non lasciamola sola.

25 agosto 2025

Non è una proposta è un ricatto.

Ogni giorno un leghista si alza e sa che dovrà spararla più grande del giorno prima.

Questa volta è il turno del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, quello per intenderci che voleva intitolare a Latina una piazza a Mussolini. 

E che oggi annuncia in pompa magna: 

“Abbasseremo le pensioni a 64 anni per tutti! Lo avevamo promesso e lo faremo!” 

E uno dotato di un briciolo di senno si chiede: Come? Dove? In che modo?

Semplice: Con i nostri TFR, che nella brillante idea di Durigon saranno usati su base volontaria come una specie di rendita per raggiungere la soglia minima pensionistica.

Come non averci pensato prima? 

In pratica, la pensione secondo i leghisti ce la pagheremmo da soli, con soldi nostri che sarebbero destinati alla liquidazione e abbassando così magicamente l’età pensionabile.

In pratica, ti tolgono qualunque buonuscita, ma “ehi… grazie a noi vai in pensione prima”.

Non è un proposta. È un ricatto.

E hanno pure il coraggio di rivendicarla come una grande “promessa mantenuta”.

Questi erano quelli che dovevano abolire la legge Fornero e sono finiti per proporre un legge che è dieci volte peggio e cento più ipocrita. 

La madre di tutte le supercazzole.

E la cosa drammatica è che milioni di italiani se la bevono pure.

15 agosto 2025

una flotta per Gaza

A fine mese, il 31 agosto, salperà dalla Spagna la più grande flotta di navi mai organizzata per rompere l’assedio di Gaza.

Con a bordo anche - di nuovo - l’attivista svedese Greta Thunberg.

Non una sola imbarcazione ma decine di navi coordinate dalla Global Sumud Flotilla con un obiettivo chiaro: portare tonnellate di cibo e aiuti umanitari alla popolazione di Gaza bombardata, affamata e segregata.

E altre navi si uniranno dalle coste tunisine e da altri porti lungo la rotta, per quello che si annuncia come la più grande missione di salvataggio via mare mai messa in campo per Gaza. 

“Non si tratta di una semplice missione ma di una rivolta globale, un movimento di solidarietà internazionale” ha detto Saif Abukeshek della Marcia Globale per Gaza. 

Tutti gli attivisti che hanno cercato sin qui di rompere l’assedio sono finiti per essere raggiunti dall’esercito israeliano ad armi spianate, fermati, sequestrati, incriminati, deportati.

Questa volta Netanyahu dovrà fermare una flotta intera.

14 agosto 2025

la sindaca di Genova

Nel giorno in cui la Presidente del Consiglio Meloni non è riuscita a pronunciare neppure mezza parola, la sindaca di Genova Silvia Salis è andata direttamente a Sant’Anna di Stazzema, ha abbracciato Adelmo Cervi e ha tenuto una straordinaria orazione civile per l’81esimo anniversario di uno dei più feroci eccidi nazifascista di sempre.

Senza aver paura di chiamare le cose COL LORO NOME.

“Mi chiamo Silvia. Sono una cittadina della Repubblica Italiana. Sono figlia di Genova, una città che ha dato la vita per la Resistenza, che si è liberata da sola dalla follia nazifascista, una città mediaglia d’oro per la Resistenza. Come lo è anche Stazzema.
Sono qui, in questo luogo sacro, NON per ricordare. Sono qui per non dimenticare.
Non è la stessa cosa.
Ricordare è un’azione che appartiene alla mente. Non dimenticare appartiene anche al cuore.

E oggi con il cuore, anche se non ce ne accorgiamo, facciamo rumore. Voglio che questo rumore si senta fino a valle. Perché siamo qui per scegliere.
Scegliere da che parte stare.
Perché ogni volta che si onora la strage di Sant’Anna di Stazzema, non si compie un gesto formale.
Si prende posizione.
Si guarda in faccia la Storia, e le si dice: “Io non dimentico. Io resisto. Io continuo il cammino di chi è stato strappato alla vita, per difendere la nostra”.
La memoria della Resistenza è la nostra memoria, è la memoria di chi ha lottato per sconfiggere il fascismo e il nazismo.
(…)
La Resistenza non è un capitolo chiuso... la Resistenza è un muscolo. E noi oggi lo alleniamo ancora.
Dicono: “La politica oggi non è più quella di una volta. Mancano le ideologie”.
Io dico invece che le ideologie ci sono eccome. E aggiungo, per fortuna. Io non mi sento uguale a chi, ancora oggi, minimizza la Storia. Io non mi sento uguale a loro, è una questione di ideologia? Forse, ma soprattutto è una questione di umanità.
Qui non c’è stato il domani. Perché gli orchi hanno chiuso la porta del tempo a 560 esseri umani.
Qualcuno dirà che “però era tempo di guerra”. Ma la guerra non giustifica l’orrore.
La guerra sfila la maschera a chi ha già scelto di non essere umano.
Ogni tempo ha il suo modo di diffondere l’apparente verità. Un tempo c’erano i balconi e le piazze.
Oggi i sondaggi, i post, gli hashtag, le frasi populiste urlate nei talk show, magari senza neanche un contraddittorio.
Il fascismo non ha paura dei fucili, ha paura della cultura. Ha paura dei libri.
(…)
Viva Sant’Anna! Viva la Resistenza!”

👏👏👏

Qualcuno riporti queste parole grondanti antifascismo, resistenza e Cultura e le riporti gentilmente alla Presidente Meloni.

La più grande lezione possibile da una donna delle istituzioni a una donna che le istituzioni antifasciste le umilia e le calpesta ogni giorno.

Orgoglioso della sindaca della mia città.

Trovate voi le differenze.

Lorenzo Tosa 

03 agosto 2025

Intellettuali?

Premesso che disprezzo profondamente il governo Meloni per il suo sostegno militare a Netanyahu e il suo asservimento alla Casa Bianca, praticamente un gruppo di servi senza dignità, devo dire che gli intellettuali più vigliacchi del mondo sono a sinistra e non a destra. Troppi intellettuali di sinistra hanno taciuto sul genocidio a Gaza. Ora che Grossman parla di genocidio, qualche intellettuale di sinistra esce alla scoperto. Quando a dirlo era Francesca Albanese, Alessandro Di Battista o il sottoscritto, niente genocidio. Ora che a dirlo è Grossman, allora genocidio forse si può dire.
Il 7 ottobre 2023 fui aggredito per avere scritto: "Lo sterminio di un popolo sarà sempre possibile fino a quando esisteranno uomini come Netanyahu". La mia previsione era corretta, i fatti mi hanno dato ragione. 
Il lavoro dell'intellettuale si fa con il coraggio. Per fare l'imprenditore, occorre il capitale. Per fare il Alessandro soldato, occorrono le armi. Per fare l'intellettuale, serve il coraggio. Un intellettuale senza coraggio non è un intellettuale.

Alessandro Orsini 

02 agosto 2025

Come liquidare la strage di Boolgna

Niente, non ce la fa proprio. È più forte di lei. 

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è riuscita nell’impresa di liquidare la Strage di Bologna con queste parole indegne delle istituzioni che rappresenta:

“Il 2 agosto di 45 anni fa il popolo italiano ha vissuto una delle pagine più buie della sua storia. 
Il terrorismo ha colpito con tutta la sua ferocia la città di Bologna”.

No, Presidente Meloni, non è stato genericamente il terrorismo a commettere la strage.

È stato il terrorismo nero e, più precisamente, eversori neofascisti. Più ancora precisamente, gente che ha militato in partiti eredi in linea diretta del fascismo.

E questo rende la matrice di quella strage chiarissima, limpida, indiscutibile: MATRICE FASCISTA.
 
Chiamiamo le cose con loro nome.

Lo deve al rispetto della Storia di questo Parse.

Lo deve alle istituzioni che riveste.

Lo deve alla verità giuridica, inequivocabile e definitiva.

Lo deve al rispetto, soprattutto, delle vittime e dei loro familiari.

Neanche davanti alle straordinarie parole di Paolo Bolognesi, Presidente dell’associazione familiari delle vittime, ha avuto un sussulto di dignità.
 
 

Vergogna.
 

 

30 luglio 2025

Blitz a Montecitorio

Poco fa, con un blitz improvviso, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs hanno simbolicamente occupato Montecitorio e hanno sventolato dalle finestre della Camera questo cartello qui, che recita:

“GAZA. L’ipocrisia uccide come la fame. Meloni sveglia”.

Un modo per tenere alta l’attenzione su Gaza di un governo pavido, dormiente, sdraiato sulla linea israelo-trumpiana. 
L’ultimo grande Paese, assieme alla Germania, a non riconoscere lo Stato di Palestina.

Menomale che è rimasto ancora qualcuno a ricordarglielo. A ricordarci che Giorgia Meloni non rappresenta UMANAMENTE l’Italia e gli italiani. 
E che c’è chi resta umano. Nonostante tutto.

Lorenzo Tosa 


26 luglio 2025

Bavaglio comunista

La Lega ha attaccato subito gridando alla “censura” e al “bavaglio comunista” dopo che il Comune di Roma ha chiesto di far rimuovere alcuni suoi manifesti sul dl Sicurezza, comparsi negli scorsi giorni in giro la capitale. Il Campidoglio rimanda al mittente le accuse e spiega che quei cartelloni sono stati fatti togliere non per “censura” ma perché, contenendo “stereotipi legati all’appartenenza etnica”, violerebbero le “norme vigenti” che regolano gli spazi pubblicitari. “Si tratta - si legge in una nota - di un atto adottato autonomamente dagli uffici competenti, a seguito di esposti pervenuti da cittadini. Resta ovviamente possibile - conclude il Campidoglio - presentare ricorso contro la decisione o proseguire la campagna pubblicitaria, modificando i contenuti in modo da renderli conformi al Regolamento”.

Sono due i manifesti finiti al centro di una battaglia diventata subito politico, con il Carroccio che ha attaccato il Comune guidato da Roberto Gualtieri. Uno di questi recita “Scippi in metro? Ora finisci in galera senza scuse”, con l’immagine di una persona di etnia rom accompagnata da un poliziotto. Nell’altro c’è scritto “Occupi una casa? Ti buttiamo fuori in 24 ore”, corredata dalla presenza di tre persone: una sempre di etnia rom, una nera e l’altra identificata dal Comune di Roma come “alternativa”.

“Il Campidoglio ha scritto una lettera per imporre 'l'immediata rimozione/copertura dei suddetti manifesti'. Si tratta di un evidente caso di bavaglio comunista, un attentato alla democrazia, un atto di arroganza, uno sfregio alla libertà di opinione, un attacco a chi lavora e ha pagato le affissioni - scrive il Carroccio -. Per tutti questi motivi, la Lega reagirà duramente in tutte le sedi, comprese quelle istituzionali. Faremo di tutto per non farci imbavagliare: il Campidoglio, anziché preoccuparsi dei manifesti della Lega, dovrebbe dirottare le energie per risolvere i problemi delle periferie o bloccare i malviventi che scippano nelle metro. Oppure il Comune di Roma pensa davvero sia urgente sguinzagliare la Polizia Locale per dare la caccia ai manifesti della Lega?”, conclude la nota della Lega, che fa anche di aver "presentato denuncia".

https://lespresso.it
 
 

25 luglio 2025

Francesca Albanese

Ha parlato la relatrice Onu per i territori palestinesi occupati, Francesca Albanese.

E in un’intervista al “Fatto” ha raccontato in modo nudo e crudo il crimine della fame che si sta consumando a Gaza.

Non il dramma. Il CRIMINE contro l’umanità.

Francesca Albanese ha chiamato le cose col proprio nome, come fa sempre. 

“È un crimine calcolato scientificamente, voluto e pianificato da Israele per convincere i palestinesi che sopravviveranno ad andarsene. I genitori ci raccontano che i figli piangono fino ad addormentarsi per la fame. E uno Stato che compie un genocidio non può distribuire gli aiuti.
Si tratta di uno dei genocidi più crudeli della Storia, perché perpetrato con l’uso di tecnologia e mezzi da Ventunesimo secolo. 

È quasi inimmaginabile per la nostra mente accettare che la fame lunga mesi possa spingere a mangiare la terra e i sassi. I palestinesi della Striscia sono privati di tutto, Israele ha l’obiettivo di ridurre quelle persone, bambini compresi, allo stato ferino”.

Francesca Albanese oggi è l’unica italiana con un ruolo istituzionale ad avere il coraggio di dire queste cose e chiamarle col loro nome. E per questo stanno facendo di tutto per farla tacere. 

Il minimo che possiamo fare è sostenerla, starle vicino.
 

 

23 luglio 2025

Ciao Laura

Raramente mi è capitato di ascoltare qualcosa di più umano, commovente e pieno di dignità e amore puro del modo in cui Stefano Massoli ha salutato per l’ultima volta la moglie Laura Santi, prima del suicidio assistito.

“Laura per scelta non ha voluto più avere rapporti anche con gli amici, perché non voleva distogliersi dall’obiettivo che si era prefissa. Io ho cercato di essere neutro e non condizionante fino alla fine. Anche io mi sono tirato un po’ in disparte nel momento in cui lei ha deciso di fare l’autoinfusione. 

Le ho detto: “Vai amore, sei libera”. Lei ha risposto: “Ciao amore, ciao vita”. Poi sono uscito dalla stanza nel momento esatto in cui ha cominciato l’autoinfusione. Mi sono messo in disparte, come ha voluto lei, per evitare di condizionarla dal punto di vista emotivo. Prima che uscissi mi ha chiesto:  “Vuoi che rimanga ancora un po’?”. “No”, ho risposto io, ma non nel senso che non volevo, nel senso di “sentiti libera”. Lei ha capito. E si è sentita libera di andare.

Quando sono rientrato in stanza, ho guardato il flussimetro, ho visto che non c’erano più segni di vita e sono scoppiato a piangere a dirotto. Un pianto vero, tosto. Ho realizzato che non mi era mai capitato. Avevo pianto sempre soltanto la notte, sommessamente, senza farmi mai sentire o vedere da lei. Stavolta ho lasciato che le lacrime andassero dove volevano. Un pianto liberatorio”.

Ha fatto un passo indietro, Stefano, lasciandola essere libera fino alla fine. 
Non c’è atto d’amore più grande, estremo di quello che Stefano ha fatto per Laura.

Le leggessero certi politici, queste parole, quelli che si ostinano a combattere battaglie sul corpo delle persone.

Mi inchino di fronte a quest’uomo, e a una donna come Laura. A questi due meravigliosi esemplari di esseri umani. 

Se lo facessero tutti, forse diventeremmo un Paese civile.
 

 

Mezzo secolo fa

Natalia Ginzburg, ebrea, più di mezzo secolo fa scriveva, a proposito degli ebrei d' Israele, parole tragicamente attuali. 

"Dopo la guerra, abbiamo amato e commiserato gli ebrei che andavano a Israele pensando che erano sopravvissuti a uno sterminio, che erano senza casa e non sapevano dove andare. Abbiamo amato in loro le memorie del dolore, la fragilità, il passo randagio e le spalle oppresse dagli spaventi. Questi sono i tratti che noi amiamo oggi nell’uomo. Non eravamo affatto preparati a vederli diventare una nazione potente, aggressiva e vendicativa. Speravamo che sarebbero stati un piccolo paese inerme, raccolto, che ciascuno di loro conservasse la propria fisionomia gracile, amara, riflessiva e solitaria. Forse non era possibile. Ma questa trasformazione è stata una delle cose orribili che sono accadute.

Quando qualcuno parla di Israele con ammirazione, io sento che sto dall’altra parte. Ho capito a un certo punto, forse tardi, che gli arabi erano poveri contadini e pastori. So pochissime cose di me stessa, ma so con assoluta certezza che non voglio stare dalla parte di quelli che usano armi, denaro e cultura per opprimere dei contadini e dei pastori.

[...] Gli uomini e i popoli subiscono trasformazioni, rapidissime e orribili. La sola scelta che a noi è possibile è di essere dalla parte di quelli che muoiono o patiscono ingiustamente. Si dirà che è una scelta facile, ma forse è l’unica scelta che oggi ci sia offerta".

Natalia Ginzburg, Gli ebrei, La Stampa del 14 settembre 1972.
 
 


22 luglio 2025

il mondo nelle mani di un bambino

Con una decisione delirante ma per nulla sorprendente Donald Trump ha ritirato ufficialmente gli Stati Uniti dall’Unesco.

Sì, ha proprio cancellato con uno schiocco di dita gli Usa dalla più importante organizzazioni culturale e di pace mondiale.

Uno strappo che ha purtroppo dei precedenti (sempre di Trump) e le cui motivazioni sono semplicemente allucinanti.

Le ”colpe” dell’Unesco, secondo Trump?

Tanto per cominciare appartenere all’Onu, che lui detesta.

“Essere contro Israele e gli Stati Uniti”.

“Avere politiche inclusive, woke e antirazziste non in linea col buon senso del voto espresso dagli americani”.

Sì, ma ha anche dei difetti, verrebbe da dire…

La verità è che il mondo è nelle mani di un bambino di sette anni col potere di un monarca quasi assoluto che entra ed esce dalle organizzazioni mondiali come se fossero giocattoli.

Cos’altro può andare storto? Tutto.

Lorenzo Tosa
 

 

11 luglio 2025

Campagna contro Francesca Albanese.

Su Fanpage.it abbiamo ricostruito la campagna pubblicitaria di Israele contro Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. Consultando il portale Ads Transparency di Google, risulta che il dominio govextra.gov.il abbia sponsorizzato una pagina contro Albanese per la prima volta il cinque luglio, poi l'ha aggiornata l'otto.

Da mesi la Israeli Government Advertising Agency – agenzia che opera come gruppo di comunicazione per il governo di Benjamin Netanyahu – sta cercando di manipolare la narrazione con strumenti propri della comunicazione commerciale. Ha già diffuso video creati con l'IA sugli aiuti umanitari a Gaza, una campagna diffamatoria contro UNRWA, e ora in testa ai risultati di ricerca di Google c'è una pagina sponsorizzata con accuse gravissime contro Francesca Albanese.
 
 

Insulti sessisti alle pallavoliste

Insulti omofobi e sessisti alle pallavoliste Arrighetti e Moretto dopo le nozze: quando in Italia avremo una legge contro l'omotransfobia?
 
Le due pallavoliste si sono sposate lo scorso 13 giugno e in un post sui social in cui festeggiavano il loro amore sono state travolte da insulti e attacchi.
Di Alessia Arcolaci su Vanityfair
 
Nei giorni scorsi, il matrimonio tra le due campionesse di pallavolo Valentina Arrighetti e Gaia Moretto ha generato una valanga di insulti omofobi sui social. Invece di ricevere il rispetto e la gioia che merita una coppia che celebra il proprio amore, le due atlete si sono trovate al centro di un'ondata di odio gratuito e lo hanno denunciato loro stesse in un post ripubblicando alcuni degli attacchi ricevuti. «In Italia c’è ancora tanto da fare in merito», ha commentato Gaia Moretto in un'intervista al Corriere della Sera. «Le nuove generazioni sono già più attente, inclusive e sensibili. Se prendiamo i social come specchio della società, su TikTok, che è utilizzato dai giovani, i commenti sono stati più rispettosi, mentre su Facebook e Instagram, “frequentati” da persone più grandi, si è scesi decisamente di livello».
 
La domanda, a questo punto, è inevitabile: perché in Italia è ancora così facile insultare, discriminare e minacciare le persone lgbtqia+ senza reali conseguenze legali? L'Italia è uno dei pochi Paesi dell’Unione Europea a non avere una legge specifica contro l'omotransfobia. Dopo il naufragio del ddl Zan nel 2021, nessun altro provvedimento ha preso il suo posto. Il risultato è che le tutele contro i crimini d’odio basati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere sono frammentarie se non assenti. Nel rapporto annuale dell’associazione ILGA-Europe che fotografa lo stato dei diritti lgbtqia+ in Europa, l'Italia si è fermata al 35esimo posto su 49.
 
I crimini d'odio registrati nel nostro Paese sono in aumento, l'ultimo report presentato da Arcigay ha registrato 110 aggressioni dall'inizio del 2025. Lo scorso anno, la dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità lgbtqia+, presentata dalla presidenza di turno belga ai Paesi membri dell'Unione, non è stata firmata da nove Stati su 27. Tra questi anche l’Italia, insieme a Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. C'è una resistenza politica e culturale che ostacola il riconoscimento pieno dei diritti e della dignità delle persone lgbtqia+.
'And Just Like That...': il cast si mette alla prova.
 
Nel frattempo, episodi come questo dimostrano quanto sia urgente colmare questo vuoto normativo. L'odio è una forma di violenza e uno Stato dovrebbe occuparsene.
 

 

Luciano Ligabue

Due amori finiti e la perdita di tre figli, non è tutto oro quello che luccica nemmeno per Luciano Ligabue. Chi l'ha detto che basta essere famosi per toccare la felicità con un dito?

«A Donatella una volta diedi una manata in faccia, per sbaglio, giocando a nascondino. Non era voluta, ma lei pianse tanto, non per il colpo, ma per quel dolore profondo che si portava dentro. L’ho ritrovata anni dopo: una donna meravigliosa. Insieme abbiamo conosciuto il dolore più feroce e la gioia più fragile. Abbiamo perso due gemelli e poi avuto Lorenzo Lenny, il mio primo figlio. Ma l’ho lasciata. Ho vissuto con un senso di colpa che mi ha divorato, perché avevo incontrato Barbara. E non potevo mentire a tutti, soprattutto a me stesso.»

Con Barbara ha avuto una figlia di nome Linda, una figlia, ma ecco che arriva l'ennesima perdita: la donna incinta Leon, non potrà mai tenerlo fra le sue braccia. Una disgrazia che spezza il cuore. 💔

«Ci permisero di vederlo. Lo tenni stretto tra le mani: era minuscolo, leggero, ma aveva i tratti delicati di sua madre. Barbara, con la sua voce dolce, disse solo: “È perfetto”. Lo abbiamo sepolto in un cimitero che ha un angolo chiamato “degli angeli”. All’inizio Barbara andava lì tutti i giorni, come se quel piccolo fosse ancora parte viva di lei. Si sentiva colpevole, come se il suo corpo fosse diventato arido, incapace di dare la vita. È un pensiero crudele, ma solo chi ha attraversato questo vuoto può capire davvero.»

Una storia toccante, per molti inedita, ma che ci insegna che il valore della vita non va mai dimenticato. Niente è scontato, solo l'amore vince. ❤🌹
da Che donna.it
 

 

Carola

Da una parte abbiamo una giovane attivista tedesca, Carola Rackete, che, a un certo punto, dopo un anno, si dimette da europarlamentare con parole che al politicante medio suonano semplicemente lunari per dignità e senso di una missione.

“Ho sempre percepito il mio ruolo qui come collettivo, non individuale. Ero qui per contribuire al rinnovamento della sinistra e il processo sta procedendo con successo” ha detto rinunciando a una poltrona tanto comoda quanto ricca, per occuparsi da attivista di lotta alla crisi climatica.

Dall’altra c’è un ex generale italiano, disgraziatamente anche lui europarlamnetare, Roberto Vannacci, che, di fronte a queste parole, non trova di meglio da fare che pubblicare un post vergognoso mostrando le gambe di Carola Rackete, la scritta: “Non ci mancherai” e l’auspicio che “Salis e Lucano seguano il suo esempio”.

Un post in cui c’è tutto il repertorio vannacciano: body shaming, attacchi gratuiti agli avversari, non uno straccio di argomentazione.

Invece di mostrare al suo degno pubblico le gambe, Vannacci avrebbe dovuto mostrare il cervello di Carola Rackete. Per far vedere come è fatta la testa di una donna di questo livello.

Sia mai che imparino qualcosa.

Lorenzo Tosa 
 

 

Bella ciao

"Pensare di non cantare "Bella Ciao", per non voler prendere posizione, è una gran minchiata.
Quando ti rifiuti di cantarla hai già preso posizione.
P.s.: Al mio funerale cantate "Bella Ciao". Perché voglio prendere posizione, al riguardo, anche da morto."
(Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif)
 

 

I potenti puniscono chi parla per i senza voce, non è un segno di forza ma di colpa

Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per Cisgiordania e Gaza, ha reagito all’annuncio di sanzioni da parte dell’amministrazione Trump con un post su X: «I potenti puniscono chi parla per i senza voce, non è un segno di forza ma di colpa». Mercoledì 9 luglio, nel tentativo di colpire chi critica la guerra di Israele a Gaza, durata ormai 21 mesi, il Dipartimento di Stato Usa ha sanzionato Albanese, funzionaria indipendente incaricata di indagare sugli abusi dei diritti umani nei Territori palestinesi. […]
In una dichiarazione rilanciata da AFP Albanese ha spiegato: «Sono la prima persona dell’Onu a subire delle sanzioni… per cosa? Per aver denunciato un genocidio? Per aver smascherato un sistema? Non hanno mai contestato nel merito ciò che ho detto. Ho dato a queste aziende l’opportunità di smentirmi o correggermi. Invece sono andate a lamentarsi con l’amministrazione statunitense, chiedendo di trattarmi come trattano loro. Va bene così. Questo dice molto su chi sono. Io continuerò a fare quello che devo fare. Certo, sarà una sfida. Ma quello che voglio dire è: sono solo un essere umano. Non vengo nemmeno pagata per fare quello che faccio. Sto mettendo in gioco tutto quello che ho. Se io posso farlo, allora anche voi, la vostra gente, i vostri politici, la mia gente possono fare almeno questo. Insieme possiamo resistere a questa pressione».
Articolo dalla Stampa
 

 

10 luglio 2025

Trump manda le ruspe

Trump manda le ruspe
Giunti al porto di Haifa i primi 70 bulldozer D9 richiesti da Netanyahu. Il campo di internamento di Rafah è sempre più concreto. Ieri varie fonti definivano vicino l’accordo per una tregua di 60 giorni e il rilascio degli ostaggi.

Michele Giorgio
GERUSALEMME
Quando, qualche giorno fa, durante una riunione del gabinetto di sicurezza israeliano, il capo di Stato maggiore Eyal Zamir ha chiesto se l’esercito sarà obbligato a «governare» due milioni di civili palestinesi a Gaza, il premier Netanyahu, secondo la stampa locale, avrebbe risposto: «Ti porterò dieci D9 per preparare lo spazio umanitario». I D9 sono le gigantesche ruspe della Caterpillar che le forze armate israeliane usano per spianare terreni e abbattere le case palestinesi. Lo «spazio umanitario» è invece la cosiddetta «città umanitaria» a Rafah: l’enorme campo in cui sarà rinchiusa la popolazione di Gaza, annunciato all’inizio della settimana dal ministro della Difesa Israel Katz. I primi settanta D9 ordinati da Israele agli Stati uniti e promessi da Netanyahu a Zamir sono da ieri al porto di Haifa.
DOPO MESI di ritardi, i bulldozer e altre attrezzature destinate alle forze di terra israeliane sono stati scaricati da un mercantile e, in queste ore, vengono trasferiti in centri specializzati per il blindaggio. Donald Trump, mentre intrattiene la comunità internazionale annunciando da settimane una «tregua imminente» a Gaza, fornisce le ruspe necessarie ai progetti del governo Netanyahu per realizzare l’«emigrazione volontaria» dei palestinesi.
Solo in una realtà distorta si può parlare di libero arbitrio in relazione a persone che hanno trascorso quasi due anni sotto continui bombardamenti aerei, in tende o tra le macerie, soffrendo la fame e la sete, senza cure mediche, senza elettricità e senza molto altro. A novembre, l’amministrazione Biden aveva bloccato la vendita dei D9 a causa del loro utilizzo da parte dell’esercito israeliano per radere al suolo le abitazioni di Gaza. Appena rientrato alla Casa Bianca, Trump ha rimosso il blocco, approvando inoltre la fornitura a Israele di altri 7,4 miliardi di dollari in bombe e missili. Il Times of Israel riferiva ieri che, dal 7 ottobre 2023, 870 aerei da trasporto e 144 navi hanno consegnato a Israele più di 100.000 tonnellate di armamenti e attrezzature militari, provenienti principalmente dagli Usa. Ieri il Segretario di Stato Marco Rubio ha annunciato sanzioni americane contro la Relatrice dell’Onu Francesca Albanese che ha denunciato nel suo ultimo rapporto le aziende che «ricavano un profitto dal genocidio a Gaza».
«QUELLO CHE SI DEFINISCE l’unico paese democratico in Medio Oriente, grazie all’esercito ‘più morale del mondo’, sta ora progettando una ‘città umanitaria’ nella Striscia di Gaza. Non importa in quale cellophane orwelliano la stiano confezionando. Il primo ministro Benyamin Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz stanno apertamente portando avanti il progetto di accampare i cittadini di Gaza in campi profughi, in preparazione del loro trasferimento fuori dall’enclave». Comincia così l’editoriale pubblicato ieri dal quotidiano Haaretz, uno dei pochi media israeliani schierati contro le politiche del governo Netanyahu a Gaza. «Il fatto che Katz abbia svelato il suo piano per una città destinata a centinaia di migliaia di palestinesi, chiusi e sotto sorveglianza, senza possibilità di andarsene, come una ‘soluzione umanitaria’, non è altro che un’agghiacciante distorsione linguistica», ha aggiunto il quotidiano di Tel Aviv .
ALTRETTANTO esplicito il giudizio di Amos Goldberg, storico dell’Olocausto presso l’Università Ebraica di Gerusalemme. Il ministro Katz, ha detto Goldberg, citato dal Guardian, delinea piani per la pulizia etnica di Gaza e la creazione di «un campo di concentramento o di transito per i palestinesi» prima che vengano espulsi. «Non è né umanitario né una città», ha aggiunto, «una città è un luogo dove hai possibilità di lavorare, di guadagnare denaro, di stabilire relazioni e libertà di movimento. Ci sono ospedali, scuole, università e uffici. Non è questo che (Netanyahu e i suoi ministri) hanno in mente. Non sarà un luogo vivibile, proprio come le ‘aree sicure’ (per i civili di Gaza, ndr) sono invivibili ora». Quindi ha posto un interrogativo inquietante: «Cosa succederà se i palestinesi non accetteranno questa soluzione e si ribelleranno?». Poche altre le voci israeliane che si sono levate contro quelli che è impossibile non definire campi di internamento.
LA POSIZIONE del governo Netanyahu, e quella di un’ampia porzione dell’opinione pubblica, è stata rappresentata da Ron Ben Yishai, il più popolare degli analisti militari. «Gaza non è un ghetto, né un campo di concentramento», proclama perentorio in un podcast sul portale Ynet, lamentandosi poi per i limiti che l’offensiva israeliana incontra a Gaza. Per Ben Yishai, l’esercito combatte «con una mano legata dietro la schiena» perché sa che potrebbe colpire anche gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. Da Doha intanto ripetono: «Intesa vicina».