25 gennaio 2009

L’equivoco del PD sul significato del riformismo

Venerdì di Repubblica 27 12 2008 di Curzio Maltese

L'imminente collasso del Pd è inevi­tabile? Forse no, ma quasi di sicu­ro nessuno si muoverà per evitarlo. Il fa­talismo sembra l'ultimo «ismo» rimasto alla sinistra. La situazione è chiara da tempo. Con questo gruppo dirigente, co­me diceva anni Moretti, non si vincerà mai più. Questa almeno è la convinzione di milioni di elettori del centrosinistra, che non andranno più a votare finché non vedranno all'opera un partito nuovo nei fatti e non a parole.

La profezia di Moretti nel 2002 fu rove­sciata dal risultato elettorale del 2006, ma solo in parte. In realtà per la seconda volta un centrosinistra votato alla scon­fitta s'imbattè in quel singolare outsider vincente ch'era Romano Prodi. E per la seconda volta lo fece fuori in breve tem­po. Lasciata sola a se stessa, la nomenclatura ereditata da Pci e Dc ha finito per ri­proporre un vuoto d'idee nel quale avan­zano carrierismi spregiudicati.

L'identità riformista del Pd è rimasta sulla carta. Gli ex pci e dc ne hanno sempre avuta un'idea vaga. Per loro il riformismo non significa progettare riforme, impresa titanica in Italia, ma assumere un atteggia­mento moderato, non entrare in polemica con l'avversario, con la Chiesa e con i pote­ri forti, irridere alla questione morale e di­sprezzare ogni forma di radicalismo. È una visione un tantino macchiettistica Un po' come quando gli attori italiani, per recitare i testi anglosassoni, indossano il foulard, si yersano un whisky ed e esclamano «caspi­ta!». Oppure come quando Bertinotti e Sansonetti interpretano l'antagonismo so­ciale nei salotti televisivi, con i noti esiti.

Il calcolo della nomenclatura di centro sinistra era di trattare con Berlusconi co­me con la Dc di una volta. Con la differen­za che il berlusconismo non è la Dc, è ever­sivo e ora apertamente anticostituzionale. Senza contare che nell'ultimo mezzo se­colo il mondo è un po' cambiato.

D'altra parte non si può pretendere che i vecchi funzionari di partito, dopo aver cambiato cento sigle, mutino davve­ro il proprio codice genetico. L'unica pos­sibilità è mandarli a casa è costruire un partito nuovo. Era il progetto originario del Pd, ma ha resistito pochi mesi. Come si può convincere gli elettori d'esser ca­paci di riformare la società quando non si è in grado di riformare se stessi?

Oggi il Pd può scegliere se scaricare gli oligarchi locali da solo e da subito, o aspet­tare che lo facciano gli elettori. Si potreb­be, una volta, fare una cosa di sinistra?

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