27 gennaio 2009

Trattato Libia: quattro ragioni per dire no.

Gli accordi con Tripoli contengono aspetti oscuri e disumani. perchè il Pd, tranne pochi, ha votato con la destra ?


Devo rendere conto ai lettori di fatto nuovo e sorprendente avvenuto alla Camera dei Deputati nei gior­ni 20 e 21 gennaio. Per la prima vol­ta il Partito Democratico ha annun­ciato di votare insieme alla maggio­ranza di destra, e lo ha fatto. Per la prima volta - come ha scritto il 22 gennaio questo giornale - nelle file del Pd ci sono stati due voti contro (quello di Andrea Sarubbi e il mio) e ventiquattro astensioni, tra cui un ministro ombra (Lanzillotta).I'Uni­tà dice, in un altro punto dell'artico­lo, che "i radicali sono stati protago­nisti di una battaglia ostruzionisti­ca". È bene ricordare che i deputati radicali Mecacci, Bernardini, Zam­parutti, Farina-Coscioni, Turco, so­no stati eletti nelle liste del Pd, dun­que i loro voti “contro" sono i voti di una parte del Pd. A quell'ostruzioni­smo mi sono unito fin dall'inizio ag­giungendo la mia firma in calce ai seimila emendamenti, tutti sensati e tutti necessari, che hanno fatto lu­ce su un confronto che, altrimenti, sarebbe avvenuto alla cieca.

Nel silenzio un po' disorientante di quasi tutto il Pd (salvo pochi de­putati come Paolo Corsini, perples­so, Enzo Carra, entusiasta, Tempe­stini, per un elogio a Gheddafi, Ma­ran per una descrizione tecnica del trattato) insieme ai radicali ho par­lato su centinaia di emendamenti tentando, centinaia di volte, di spie­gare perché l'esortazione iniziale di Massimo D'Alema a votare «sÌ" (che molti hanno accettato come un ordi­ne) poneva problemi politici, pro­blemi giuridici e problemi morali che sarebbe stato impossibile igno­rare.

Ma ecco le ragioni del no, tutte gravi, tutte sollevate per tempo dai radicali e da alcuni di noi fin dal di­battito in commissione, e tutte la­sciate cadere nel silenzio dell'Aula per raggiungere un “si" congiunto con il Pdl e la Lega su un argomento che ha imbarazzato e indotto a dis­sociarsi molti deputati del centrode­stra, da Giorgio La Malfa all' ex mini­stro degli Esteri Antonio Martino. E ha motivato Italia dei Valori e Udc (oratore decisamente avverso e ap­passionato Rocco Buttiglione) a vo­tare contro, lasciando solo al Pd l'iniziativa del triste abbraccio con la destra e con Gheddafi.

1. Il trattato con la Libia non è un trattato di amicizia ma un trattato militare. Prevede azioni militari e manovre congiunte, scambi di infor­mazioni militari e della tecnologia più avanzata, l'impegno (non reci­proco) a non usare basi militari ita­liane o Nato contro la Libia, in nes­sun caso, qualunque sia l'evento. Stabilisce il pattugliamento con­giunto (soldati italiani con soldati libici) del confine Libia-Ciad, confi­ne immenso, incerto e disputato sia dal Ciad che dalla Francia.

2. Il trattato con la Libia non è un trattato di amicizia ma un trattato d'affari con aspetti oscuri. Stabili­sce che “società italiane" non me­glia identificate (aste? appalti? con­corsi? scelta arbitraria?) organizze­ranno il monitoraggio elettronico del confine Ciad-Libia, stipula un versamento di somme immense da parte italiana, nel peggior periodo dell'economia italiana e mondiale: 200 milioni di dollari dall'Italia alla Libia ogni anno per venti anni, sen­za alcuna possibilità dell'Italia di uscire dall'impegno, qualunque co­sa accada. Il trattato, infatti, non prevede alcuna clausola di preavvi­so o di scioglimento.

3. Il trattato con la Libia è iniquo e disumano, specialmente mentre il mondo entra nell' era di Obama, per­ché prescrive che la forza congiirnta degli apparati militari dei due paesi si abbatta non sui "mercanti di schiavi", che organizzano le tratte dei disperati e che certo non si fan­no trovare nel deserto, ma sugli schiavi che riescono a giungere vivi ai confini del Ciad oppure che rie­scono a mettersi in mare, e che po­tranno essere “fermati" (è un eufe­mismo) molto prima che si avvicini­no alle coste italiane.

4. Il trattato con la Libia è fuori dalla Costituzione italiana, fuori dalla Convenzione di Ginevra, fuori dalla Carta dei Diritti dell'uomo, fuori dalle prescrizioni delle Nazio­ni Unite sui diritti dei rifugiati. Per esempio questo trattato rende im­possibile ogni tentativo di rispetta­re il diritto di asilo dei profughi in­tercettati.

La storia finisce qui, con l'inspie­gabile offerta del Pd di votare insie­me al Pdl un trattato che - a parte la Lega - è stato giudicato inaccettabi­le da rilevanti figure del Centrode­stra.

Alla Camera dei Deputati chi vo­ta in dissenso ha soltanto un minu­to di tempo per esprimere, in con­clusione, quel dissenso. La vice-pre­sidente Bindi, che dirigeva i lavori d'Aula in quel momento, mi ha chiu­so il microfono esattamente alla fi­ne del minuto, prima che potessi fi­nire la frase. La frase completa sa­rebbe stata questa: "Sono io - e il deputato Sarubbi, e i radicali eletti nel Pd - in dissenso con questo parti­to, o è questo partito che è in dissen­so con se stesso e con i suoi eletto­ri?".

furiocolombo@unita.it

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